Nell’immagine: simbologia della lotta alla violenza sulle donne da un manifesto contro i femminicidi
La violenza sulle donne è uno dei problemi più importanti della società contemporanea che ha perso di vista i veri valori della vita e li ha sostituiti con vari idoli, come la prepotenza, la sopraffazione, l’odio, l’egoismo, la gelosia, la sete di denaro e infine anche la morte.
“Educare all’amore, educare al rispetto della libertà e delle idee altrui, educare al senso di responsabilità delle proprie azioni”. Penso che questi aspetti dell’educazione siano fondamentali nella crescita di un giovane e credo che la scuola non può non trattare questi argomenti perché essa è, a mio parere, il luogo più adatto per aiutare i ragazzi nell’età dell’adolescenza a diventare cittadini consapevoli e attivi, sviluppando quelle capacità di ascolto, di solidarietà, di condivisione e di conoscenza dell’altro, che occorrono per intrecciare rapporti sani, duraturi e rispettosi nella famiglia, nel lavoro, nella vita in generale.
Per questo, pensando anche ai miei ex colleghi, sempre in affanno per svolgere il programma ministeriale e, allo stesso tempo, per trasmettere agli alunni quei valori fondamentali che li accompagneranno in una crescita sana e consapevole, ho cercato di individuare un percorso, a mio parere, significativo, sul tema della violenza sulle donne che attraversi la letteratura dall’antichità ad oggi. Spero che possa servire come suggerimento per la riflessione degli studenti.
Fin dai tempi antichi gli storiografi ci tramandano episodi di femminicidi e di molestie sulle donne, nel mondo greco e in quello romano. Non possiamo dire che questi sentimenti deprecabili appartengono ai ceti meno abbienti, ai poveri, ai diseredati, perché anche la storia ci insegna che le più grandi sopraffazioni sono state perpetrate nei regni, nelle corti, nelle famiglie più ricche ed agiate. La letteratura latina ci dice, purtroppo, che dalla Roma dei Cesari ad oggi è cambiato poco e niente, perché gli episodi di omicidi violenti e di stupri a danno delle donne erano molto frequenti anche allora, nonostante ci fossero dei provvedimenti che tentavano di arginare, quanto meno lo stalking, come l’“Edictum de Adtemptata Pudicitia” dell’età imperiale. Nel mondo dei patrizi e dei plebei, nell’antica Roma, le donne del popolo e le aristocratiche non erano considerate né dal punto di vista sociale, né da quello economico. Padri e mariti le ritenevano oggetti sessuali o di scambio economico. Ci sono tanti esempi che lo dimostrano.
Possiamo parlare di Regilla la cui storia è narrata da Sara Pomeroy in “L’assassinio di Regilla”. Proveniente da una ricca casata aristocratica, fu data sposa a soli 14 anni a un certo Attico Erode, ricco intellettuale quarantenne che manifestò subito i suoi comportamenti perversi, tradendo la moglie anche con uomini. Nel 160 d. C. Regilla, all’ottavo mese di gravidanza, fu percossa a morte da un liberto del marito, abortì e poco dopo morì. Il processo stabilì l’innocenza del liberto grazie all’affettuosa amicizia di Attico Erode con l’imperatore Marco Aurelio. Attico Erode si finse addolorato per la morte della consorte e le dedicò numerose epigrafi, credendo così di cancellare il suo coinvolgimento in quell’assassinio.
Penso con tristezza che l’uomo non può dirsi evoluto se le donne oggi, nel ventunesimo secolo, sono vittime della stessa “cultura del possesso” di cui, ad esempio, fu vittima Lucrezia, matrona romana aristocratica, figura importante nella storia di Roma e per la nascita della repubblica. Tito Livio in “Ab urbe condita” ci racconta la storia di Lucrezia, vittima di Sesto Tarquinio, erede dell’ultimo re di Roma. Egli fu preso dalla smania di possederla e le impose un vile ricatto: o si concedeva a lui oppure l’avrebbe disonorata mettendo nel suo letto un servo nudo, simbolo del più basso degli adulteri. Lucrezia fu costretta a cedere per non disonorare il marito, Collatino, ma non resse alla vergogna e si tolse la vita. La donna concesse il proprio corpo per non disonorare il marito. Oggi, in una società sempre più complessa, le donne spesso si concedono per paura, per intimidazione, per molestie, per il ricatto di un datore di lavoro, per guadagnarsi da vivere. Lucrezia si uccise, oggi le donne sono sempre più di frequente vittime di padri, di partners o di ex compagni che dicono di amarle, ma in realtà confondono l’amore col possesso. Tito Livio ci racconta anche la storia di Virginia, giovane plebea di cui si era invaghito il patrizio Appio Claudio. Egli intentò un processo per farla schiava al suo servizio, allora il padre per assicurare alla ragazza la libertà nell’unico modo, secondo lui, possibile, la uccise. Quello che in apparenza può sembrare un atto di amore, in realtà privò una ragazza della vita senza tener conto minimamente delle sue scelte e della sua volontà.
Impressionanti le forme di violenza esercitate verso le donne nel Medioevo, raccontate in maniera efficace da Anna Esposito, Franco Franceschini e Gabriella Piccinni in “Violenza alle donne. Una prospettiva medioevale”. I mariti, i padri, i padroni, esercitavano ogni violenza sulle donne per costringere e punire le figlie, per correggere i comportamenti delle mogli, per battere le serve. Omicidi e stupri per lavare un presunto onore tradito, segregazioni per costringere al matrimonio e alla monacazione, grandi discriminazioni nel mondo del lavoro, spoliazioni di beni e di doti, costrizioni violente in nome di leggi ingiuste che privavano la donna della libertà di essere umano, trattata come un oggetto di possesso da un padre, da un marito, da un padrone. Andando avanti nel tempo, consideriamo la sorte di Gertrude, la famosa monaca di Monza de “I Promessi sposi” di Manzoni. Il romanzo è ambientato nel ‘600, secolo che nutre grandi paure nei confronti delle donne che decidevano di ribellarsi al potere dell’uomo. Vessata dal padre e vittima di leggi ingiuste e discriminatorie fu obbligata a una scelta che le segnò la vita e la portò al peccato più grave per una donna apparentemente votata al Signore. Sempre nei Promessi sposi incontriamo Lucia Mondella, vittima prescelta del male del suo tempo, della prepotenza di un signorotto locale che, pur di impedire le sue nozze, la sottopone anche al tormento di un rapimento. Eppure Lucia è il personaggio capace di minare le fondamenta di tanta violenza e innescare un cammino di redenzione, grazie alla fede incrollabile nella Divina Provvidenza. Oggi tante donne tentano in ogni modo di redimere i loro uomini, perdendo però spesso la vita in un’impresa tanto ardua quanto illusoria nel credere che un uomo violento possa per amore cambiare.
Un altro esempio può essere quello di Beatrice Cenci, nobile romana, figlia di Francesco Cenci, uno degli uomini più ricchi di Roma, ma dissoluto e violento. Ce ne parla Francesco Domenico Guerrazzi in “Beatrice Cenci storia del secolo XVI”. Siamo nel XVI secolo e la ragazza per tutta l’adolescenza e la giovinezza viene seviziata ed abusata dal padre che temendo di perdere i suoi averi per un eventuale matrimonio della figlia, la rinchiude nella rocca di Petrella Salto vicino a Rieti in un castello di sua proprietà. Esasperata dalle continue violenze del padre la giovane riesce a farlo uccidere simulando un incidente. Arrestata, dopo la confessione sotto tortura, viene mandata al patibolo e decapitata. La dignità e il coraggio con cui affronta la morte suscitano sensi di colpa anche nel boia che poi si uccide.
Una menzione a parte meritano due famosi episodi che ci tramandano due illustri scrittori: William Shakespeare e Dante Alighieri. Il primo ci parla di un dramma della gelosia nella tragedia “Otello” degli inizi del 1600. Il protagonista, Otello, ossessionato dalla gelosia, uccide la giovane moglie Desdemona e il presunto amante di lei, senza ascoltare alcuna ragione, fino a capire il suo sbaglio dopo l’uccisione di due persone innocenti ed uccidersi a sua volta.
Dante in “La Divina Commedia” nel canto V dell’Inferno, nel II cerchio dei lussuriosi, ci presenta la storia di Paolo e Francesca, due personaggi realmente esistiti. Francesca da Polenta era figlia del Signore di Ravenna e Cervia Guido Minore. Siamo nel 1275 e la giovane fu data in sposa dal padre a Giovanni Malatesta, detto Gianciotto per la sua claudicazione. Per evitare il rifiuto da parte della ragazza il padre e il promesso sposo mandarono a Ravenna Paolo, fratello di Gianciotto, un giovane di bell’aspetto che si sostituì al fratello nel matrimonio. Francesca accettò di buon grado di sposarlo, ma presto scoprì l’inganno. Date le circostanze Paolo e Francesca divennero amanti e Gianciotto li sorprese mentre leggendo la storia di Lancillotto e Ginevra si abbandonavano alla passione e si baciavano. Gianciotto, accecato dalla gelosia, li uccise entrambi. Nell’inferno dantesco i due amanti vagano insieme perché sono sì puniti per il loro peccato, ma poiché esso è la conseguenza di un truce inganno, per il quale la felicità di una giovane è sacrificata in nome dell’interesse e dell’egoismo di coloro che dovevano amarla e proteggerla, Dante è mosso a compassione della loro sorte e non li condanna alla solitudine eterna.
Se passiamo all’ottocento, notiamo che gli autori più importanti ci riportano storie ove la donna è sempre oggetto di discriminazioni, soprusi, violenze fisiche e morali. Il verista Giovanni Verga nella novella “Tentazione” della raccolta Drammi intimi ci presenta il tema dello stupro e del femminicidio da parte di tre ragazzi milanesi considerati “bravi ragazzi”, i quali, in una notte di baldoria, compiono violenza carnale su una giovane contadina e poi l’uccidono e, per nascondere il corpo in una fossa, ne oltraggiano la salma decapitandola. Dopo l’arresto i ragazzi raccontano le loro versioni, incolpandosi a vicenda. L’autore non condanna moralmente l’operato dei tre, anche se la condanna sociale è implicita nel fatto. Verga conclude la vicenda con un interrogativo che lascia aperti molti spazi di riflessione su come sia possibile “Arrivare ad avere il sangue nelle mani cominciando dallo scherzare”. Questa efferata situazione mi ha fatto ricordare un’intervista recente in televisione in cui alcuni ragazzi tendevano a giustificare la violenza sulle donne con il comportamento e il modo di vestirsi, secondo loro provocatorio, delle ragazze. Siamo negli anni 2000 in cui si parla tanto di libertà, ma purtroppo spesso nei fatti prevalgono il possesso, l’arroganza, la mancanza di rispetto.
Un’analisi interessante delle relazioni tra i sessi nella società attuale si trova in un libro di Laura Pigozzi “Amori tossici”. L’autrice mette in guardia dall’“invocare la natura come guida dell’amare”. Quando qualcuno pronuncia la frase: “L’ho uccisa perché l’amavo”, l’amore si trasforma nel suo contrario. È dunque necessario educare ai sentimenti, alle emozioni, alla capacità di gestirli, di frenarli, ancora prima di assecondarli. Il limite nelle relazioni consiste nel rispetto della libertà dell’altro. La psicanalista nel libro analizza il sentimento dell’amore a partire dalla radice e ne indaga l’evoluzione, per giungere a capire i fenomeni sociali contemporanei.
Anche i poeti nei loro versi esprimono con immediatezza gli orrori e l’efferatezza dello stupro e del femminicidio. Una per tutte la voce di Alda Merini, pure lei vittima di uno stupro vissuto durante il suo ricovero in manicomio. Nella poesia “Il mio primo trafugamento di madre” vi è un grido disperato contro la violenza degli uomini:
“Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
mi adagiò sopra l’erba,
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
ne’ il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro un ludibrio”…
Parole forti nelle quali possono riconoscersi molte donne, in cui emergono in tutta la drammaticità, l’abuso e la violenza che continuano a destabilizzare e troncare la vita, a infrangere i sentimenti che dovrebbero sublimare e non distruggere un essere umano.
Oggi in molte scuole, inferiori e superiori, si svolgono iniziative lodevoli per discutere sul tema, attraverso anche varie espressioni come il disegno, il teatro, la poesia, la scrittura in genere.
A questo proposito è importante ricordare il concorso “Un fiore reciso” del 2022. Di fronte a tanti episodi di violenza nei confronti delle donne i ragazzi del liceo statale “Enrico Medi” di Cicciano (NA) hanno dato vita a una serie di attività di laboratorio incentrate sulla scrittura di poesie e narrazioni sul tema ed è stato realizzato il primo concorso interno di poesie a cui hanno partecipato un centinaio di alunni. Racconti e poesie per sensibilizzare la società da parte di adolescenti che si affacciano alla vita e forse desiderano viverla con meno apprensioni e con meno retorica. Fra le tante voci, mi ha colpito questa, che esprime, a mio parere con grande semplicità, il disagio dell’uomo nei confronti della donna e le sue reazioni estreme. Il titolo della poesia è “Ipazia” ed è un titolo simbolico perché Ipazia era una filosofa della Grecia antica uccisa per le sue idee e considerata martire della libertà di pensiero.
La poesia, tra l’altro, recita così:
“(…) Donna le cui membra furono dissacrate,
Linciata per essere riuscita a primeggiare
Tra uomini impauriti dalla sapienza
Dall’impegno e dall’intelligenza
Di una donna fautrice di nuova conoscenza
Donna che ha avuto la voglia di studiare
Donna che ha avuto il desiderio di parlare
E per questo fu costretta a smettere di respirare”
Mi sembra molto chiaro il concetto che questa poesia vuol evidenziare ed è notevole che sia stato un giovane studente a scriverla.
In questo percorso nella letteratura sul tema della violenza di genere emerge che lo stupro e il femminicidio sono l’incubo che lega donne di tutte le epoche. Penso, tuttavia, che oggi molti giovani, essendo padroni di ogni forma di tecnologia e con gli occhi su ogni parte del mondo, quindi forse più consapevoli del loro agire, comincino a capire l’importanza di vivere rapporti che presuppongono una maturità di intenti e non la pura soddisfazione del proprio ego, perché poi le conseguenze negative sono tutti i giorni sotto i nostri occhi e spesso sono irrimediabili.
L’uomo violento ascolta solo la propria esuberante, egoistica, immediata natura, ma trovare dei confini a questa e far emergere nelle relazioni il rispetto delle libertà dell’altro è la sfida più grande per le nuove generazioni.
La speranza è che, pur nella società complicata in cui viviamo, si riesca a distruggere l’ipocrisia di tanti rapporti sociali e a rendere il dialogo tra i generi più sincero e più profondo. Anche la famiglia, la scuola e le istituzioni devono sollecitare i ragazzi affinché comprendano che il rispetto e la dignità non passano certamente per la forza bruta e la sopraffazione, ma piuttosto attraverso l’ascolto, la comprensione, l’amore incondizionato, aspetti che rendono veramente liberi di vivere e condividere i sentimenti.
Bibliografia
Edictum de adtemptata pudicitia
<www.dirittoestoria.it/9/Tradizione-Romana/Fusco-Edictum-adtemptata-pudicitia.htm>
Sarah B. Pomeroy, “L’assassinio di Regilla”, Ed. Laterza, 2009
Lucrezia, traduzione versione Ab urbe condita di Livio, libro I, 57-58
Il dramma di Virginia, in “Ab urbe condita” di Livio, libro III, 44-48
Anna Esposito, Franco Franceschini, Gabriella Piccinni, Violenza alle donne. Una prospettiva medioevale, Ed. Il Mulino, 2018
La storia di Gertrude. La monaca di Monza, in “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, cap. 9-10
Francesco Domenico Guerrazzi, Beatrice Cenci. Storia del secolo XVI, Ed. a spese dell’editore, 1854
William Shakespeare, Otello, traduzione di Salvatore Quasimodo, Ed. Mondadori, 2017
Paolo e Francesca in “La Divina commedia – Inferno canto V – II cerchio (lussuriosi)”
Alda Merini, La terra santa, nota introduttiva di Maria Corti, Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1984
Laura Pigozzi, Amori tossici. Alle radici delle dipendenze affettive in coppia e in famiglia, Milano, Rizzoli, 2023
Giovanni Verga, Drammi intimi, introduzione di Carlo A. Madrignani, Palermo, Sellerio, 1979
“Un fiore reciso”, il liceo Medi contro la violenza sulle donne – 25/11/22, <https://www.liceomedicicciano.edu.it/archivio/www.liceomedicicciano.edu.it/wp/un-fiore-reciso-il-liceo-medi-contro-la-violenza-sulle-donne/index.html>.