È noto quanto pensasse Maria Montessori dell’immaginazione. Secondo la nota pedagogista l’immaginazione non è solo un valore in assoluto, ma richiede “esattezza”. Richiede cioè di assumere una forma concreta e tangibile. Altrimenti rischia di sfociare nella fantasia e quindi nel mondo dell’irrealistico.
In tal senso mi pare si possa vedere nell'”esattezza” un punto di contatto tra arte e scienza. Entrambi perseguono regole precise che, pur evolvendo e mutando nel tempo, mantengono pur sempre un ruolo di guida e di definizione del campo di applicazione.
Nella mia esperienza di consulente e formatore mi capita spesso di utilizzare (direttamente o con altri colleghi) forme d’arte per la gestione dell’aula o per la trasmissione e il consolidamento delle informazioni o dei contenuti.
La cinematografia come l’iconografia, il visual design come la manipolazione, il teatro come la pittura. Tutte modalità, tecniche e arti che hanno e seguono regole ben precise di esecuzione come di interazione con l’ambiente. Ma non solo.
Non sono solo le arti e le tecniche artistiche ad avere loro regole. È anche il loro utilizzo nel contesto educativo e formativo che prevede regole di ingaggio precise e condivise. Regole che garantiscono esattezza di esecuzione e di risultato a tutela delle finalità del corso e, soprattutto, delle persone coinvolte nello stesso.
Esattamente (appunto) come per la scienza. Esperimenti e ricerche avvengono sempre all’interno di regole ben precise che garantiscono non solo il corretto utilizzo di strumenti e formule o la corretta applicazione di procedure di esecuzione delle attività e di verifica e validazione dei risultati. Ma anche la corretta interazione con tutti i soggetti coinvolti e con l’ambiente di riferimento.
Al venir meno delle regole viene meno l’esattezza che garantisce validità e replicabilità. Replicabilità che non è solo un caposaldo della scienza, ma delle stesse arti. Si dirà che l’estro tipico di Mozart o Michelangelo rende totalmente non replicabile la loro opera.
Non è del tutto vero. Da un lato perché musicisti e maestri in tutto il mondo apprendono da loro e rielaborano la loro arte facendola evolvere in nuove modalità espressive o in esecuzioni a favore di appassionati di tutto il mondo. Dall’altro perché ciò che rende un artista tale non è solo il personalissimo genio, ma la creatività. E la creatività nella sua essenza non è l’estro artistico, ma la capacità di mettere in discussione vecchi canoni per elaborarne di nuovi. La capacità di guardare le cose da un punto di vista nuovo e diverso.
La creatività così intesa mi pare molto prossima al concetto di dubbio nella scienza. Un concetto che porta a non dare mai nulla per certo una volte per tutte, ma a provare nuove strade nuove prospetti e quindi ad aprire nuove opportunità di sviluppo.
In tal senso la creatività così intesa appartiene a noi tutti e ci permette di non fermarci mai. In tal senso noi tutti siamo un po’ artisti e un po’ scienziati. Persone esatte, concrete.