[Il ritratto di Goffredo Mameli l’immagine a lato sono tratte da un numero unico de Il Convegno del 1962, una rivista che veniva pubblicata dall’Associazione culturale Amici del Libro di Cagliari.]

1 – Goffredo Mameli

Quelli che l’hanno conosciuto da grande hanno riferito che era una bella e gentile persona, aveva carnagione chiara, statura media, occhi vivi ed espressivi, barbetta e capelli biondi alla nazzarena. Goffredo Mameli, l’eroe, poeta, martire del nostro Risorgimento, autore dell’inno “Fratelli d’Italia”, era nato a Genova il 5.9.1827, dove era stato battezzato nella Chiesa di San Donato con i nomi di Giacomo Goffredo e Raimondo. Era figlio dell’ammiraglio, deputato, Giorgio Mameli di Cagliari e della marchesa Adelaide Zoagli di Genova, appartenente a una importante famiglia, che vantava dogi e consoli.

La madre, quando aveva 12 anni, l’aveva iscritto alle Scuole Pie degli Scolopi di Genova in una piazza vicina al Duomo, che lui frequentò negli anni 1839-40-41, riportando un giudizio di distinto, come risulta in un registro di quella scuola.

La scelta era motivata dal fatto che gli Scolopi insegnavano ad amare Dio e l’Italia. Studiò retorica, filosofia e leggi all’Università di Genova. In seguito a un litigio con un compagno, con conseguenze molto gravi non attribuibili a lui, era stato allontanato dalla scuola e non avrebbe voluto riprendere gli studi, ma poi aveva accettato di proseguirli ritirandosi però presso gli Scolopi di Carcare in provincia di Savona. Secondo una tradizione, già durante la permanenza a Carcare, avrebbe iniziato a elaborare il suo famoso inno con la supervisione del Padre Anastasio Canata, che aveva grande competenza letteraria. Si innamorò di Geronima Ferretti, che gli preferì un altro. Scrisse versi poetici, di fantasia e politici. Attratto dalle idee liberali e repubblicane, nel 1847, quando aveva vent’anni, aveva aderito alla “Giovine Italia”, il movimento (1831 – 1849) di Giuseppe Mazzini, che era stato compagno di scuola, nell’infanzia e nell’adolescenza, della madre e di cui lui venne considerato legittimamente un degno discepolo.

Aveva organizzato trecento volontari per andare in aiuto di Nino Bixio durante le Cinque giornate di Milano, dove il 18 aprile del 1848 incontrò il suo idolo, Giuseppe Mazzini. Diventò, poi, direttore del giornale “Il diario del popolo”, col quale sostenne l’azione di Giuseppe Garibaldi, nel cui esercito si arruolò poi col grado di capitano. Il 9 febbraio 1849, avvenuta la proclamazione della Repubblica romana, scrisse a Mazzini: «Roma! Repubblica! Venite!». Il Papa Pio IX fuggì a Gaeta. Il governo venne attribuito a un triunvirato costituito da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, ma ebbe vita breve perché durò solo fino al 4 luglio 1849, a causa dell’intervento militare della Francia con Filippo Napoleone Bonaparte, che diventerà Napoleone III. Durante l’assedio di Roma Goffredo era diventato aiutante di Garibaldi, che era nato il 4.7.1807 a Nizza-Francia e morì il 2.6.1882 a Caprera, di cui nel 1856 aveva acquistato con quanto ereditato dal fratello la metà settentrionale. Rimane a Caprera e si può visitare il Compendio garibaldino, costituito dai luoghi dove lui visse negli ultimi anni e la sua tomba (dichiarata Monumento Nazionale con legge n° 6973 del 17.7.1890), che oggi è di proprietà dello stato e adibito a Museo.

Il 3 giugno 1849, mentre combatteva per difendere la Villa del Vascello, Goffredo Mameli venne ferito da un colpo d’arma da fuoco sparato dai francesi comandati dal generale Oudinot. La pallottola era penetrata nella gamba sinistra del nostro eroe, che venne ricoverato all’Ospedale di Trinità dei Pellegrini. Il medico garibaldino Pietro Maestri lo visitò dopo 3 ore e lo trovò stordito. Secondo i metodi di cura del tempo, gli era stata messa nella ferita “una compressa di filacci fortemente applicati ed introdotti nelle aperture ed uscite della ferita.” Quella applicazione venne mantenuta oltre i 3 giorni, così aumentava il dolore, l’irritazione e l’infiammazione; la gamba si gonfiò tutta. Gli vennero applicate delle sanguisughe e si ricorse al ghiaccio per far scendere la febbre. Essendo comparse delle macchie, segno della cancrena, gli vennero applicati dei decotti di china. Il medico Bertani, coinvolto dal Maestri, il 19 giugno trovò che la cancrena aveva attaccato la gamba fino a quattro dita sotto il ginocchio, senza che il paziente avesse febbre. Gli venne perciò amputata la gamba con un seghetto “fino al terzo superiore della coscia”, che si gonfiò. Probabilmente all’Ospizio dei Pellegrini non si disponeva ancora dell’etere come anestetico, introdotto solo il 2.2.1847, per cui fu operato da sveglio, legato al letto, con l’utilizzo del laudano. Il 26 di giugno la situazione generale peggiorò e il giorno seguente Goffredo iniziò a delirare. Nei giorni 28 e 29 ebbe la febbre, ma quando andarono a trovarlo Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi ebbe un sussulto di coscienza e riuscì a dire con una punta di ironia “… di essere ridotto alla minorità”. Dal 29 la situazione peggiorò con la febbre tutto il giorno, a causa di una grave setticemia subentrata dopo la cancrena della gamba. Il sacerdote Cappelli, parroco di Santa Maria in Monticelli, dove si trovava l’Ospedale di Santa Trinità del Pellegrino, scrisse sull’obituario in una nota del 7 luglio 1849 che Goffredo Mameli ricevette i sacramenti e un cronista scolopio riferisce che si confessò. Spirò il 6 luglio 1849, quando aveva quasi 22 anni, alle ore sette e trenta, 34 giorni dopo il suo ferimento. Si spense così il poeta e l’eroe risorgimentale. Nino Bixio scrisse nel suo diario: «Alle sette e mezzo antimeridiane del 6 luglio 1849, spirava in Roma all’Ospedale della Trinità dei Pellegrini la grande anima di Goffredo Mameli». Quando suo padre, l’ammiraglio Giorgio Mameli, partito da Genova, arrivò a Roma, trovò il figlio già morto. Quando Goffredo aveva vent’anni aveva scritto le parole del Canto degli Italiani (1846), musicato da Michele Novaro: “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò…”. L’inno di Mameli nel 1946 fu adottato come inno provvisorio e finalmente nel 2017 fu riconosciuto ufficialmente quale inno nazionale della Repubblica Italiana. I primi soldati che cantarono “Fratelli d’Italia” furono i volontari della Compagnia Mazzini nel Lombardo Veneto.

Il cervello di Goffredo Mameli è conservato nel Museo di Anatomia umana di Torino. Il suo corpo venne imbalsamato da Agostino Bertani e poi deposto nel cimitero sotterraneo della Chiesa delle Stimmate a Roma.

Monumento funebre di Goffredo Mameli al Cimitero del Verano a Roma

Nel 1891 i suoi resti vennero trasferiti al Cimitero Monumentale del Verano, dove il 26 luglio 1891 era stato inaugurato in suo onore un monumento funebre dello scultore siciliano Luciano Campisi (1860 – 1933). Il monumento si trova a sinistra rispetto all’ingresso principale tra i riquadri 1S e 3S. Goffredo Mameli è disteso su un letto, compreso tra due pilastri con emblemi riferiti alla poesia (la lira) e alla guerra (la spada); ha la testa poggiata su un cuscino, rivolta verso destra: il corpo è avvolto in una bandiera (la bandiera italiana). Nella parte superiore c’è la lupa capitolina.

Mausoleo Ossario Garibaldino del Gianicolo

Andando a Roma non si può fare a meno di andare a visitare il Mausoleo Ossario Garibaldino del Gianicolo, nel piazzale di San Pietro in Montorio (a 200 metri dal punto in cui fu ferito), dove nel 1941 furono trasferiti dal Cimitero del Verano i resti di Goffredo Mameli, ricostruito rispetto a quello del 1871. Il Mausoleo si trova nel Viale Garibaldi, al termine della salita che porta al Gianicolo, non molto lontano dal monumento di Garibaldi a cavallo, nel “Colle del Pino”, dove tra il 30 aprile e i primi di luglio 1849 ci fu l’ultima strenua difesa, guidata da Giuseppe Garibaldi, della Repubblica Romana proclamata il 9.2.1849. L’attuale monumento fu progettato dall’architetto Giovanni Jacobucci, approvato dal Governatore di Roma Don Pietro Colonna, realizzato dagli uffici tecnici del Governatorato e venne inaugurato il 3 novembre 1941. Il monumento è di proprietà del Comune di Roma, ma nel 1956 venne dato in affidamento simbolico alla Società di Mutuo Soccorso Reduci Garibaldini delle Patrie Battaglie di Roma, che ha promosso la sua realizzazione e curato la raccolta delle salme dei caduti per la difesa di Roma nel 1849, per la sua insurrezione del 1867 e per la liberazione della Città nel 1870.

Interno del Mausoleo Ossario Garibaldino del Gianicolo

Il Mausoleo è costituito da un’area racchiusa in un quadrilatero, dove dietro le pareti si trovano 36 loculi con i pochi resti degli eroi caduti, i cui nomi (oltre 1.600) sono incisi nelle lastre che chiudono i loculi. Nella parete centrale di fondo è sistemato il sarcofago in porfido di Goffredo Mameli.

2 – Indagini genealogiche sulla famiglia Mameli

Di dove era la famiglia di Goffredo Mameli? Non c’è dubbio che lui fosse nato a Genova e che anche la madre fosse genovese, come scritto all’inizio, mentre il padre era nato a Cagliari. Per i sardi, però, egli è soprattutto ogliastrino perché le origini più antiche della sua famiglia si trovano in Ogliastra e d’altronde la forza e il coraggio eroico da lui dimostrati riflettono il carattere del popolo da cui proveniva.

Esistono, riguardo alle origini della famiglia di Goffredo Mameli, diversi studi importanti che hanno portato all’elaborazione di genealogie della sua famiglia, come quelli di Angelino Usai, Nicola Valle e Albino Lepori.

Albero genealogico dei Mameli tratto dal libro di Albino Lepori “Scorrendo per la Sardegna – di Giuseppe Luigi Mulas-Mameli” – Edizioni Grafica del Parteolla 2010 – pag. 60.

In questo Albero genealogico compare la mia antenata Domenica Mameli, figlia di Francesco, fratello di Giomaria, trisavolo di Goffredo Mameli. Ciò mi rende particolarmente orgoglioso, per poter dire che ho gli stessi antenati di Goffredo Mameli, anche se per verificarlo bisogna andare un po’ indietro nel tempo. Mia madre, memoria storica della famiglia, come ce n’era perlomeno una in ogni famiglia sarda, ripeteva spesso che la famiglia di sua madre, Giovannina Cucca, era imparentata con la famiglia di Goffredo Mameli. Avendo avuto conferma nelle tavole genealogiche già pubblicate, sono stato incoraggiato a cercare una giustificazione più chiara, sia del fatto che le origini della famiglia di Goffredo Mameli erano ogliastrine, sia del fatto che i miei antenati Cucca erano suoi parenti. Quale indagine sarebbe stata più idonea di quella attuata con una ricerca accurata negli archivi diocesani? Così con molta pazienza in un tempo piuttosto lungo (anche se sembra breve leggendo queste poche righe) riuscii ad arrivare a conclusioni apprezzabili, soprattutto attraverso la consultazione degli archivi di Lanusei e di Cagliari. Per motivi di spazio e di tempo mi fermerò solo sulle persone che interessano per i due scopi che mi sono prefisso. Goffredo Mameli discendeva dalla famiglia aristocratica sarda dei Mameli. Lo storico Dionigi Scano in un articolo pubblicato nella Rivista Mediterranea dell’agosto 1930 sostiene di aver trovato i suoi antenati più antichi fino a «Messer Philippo Mameli, dotore de decretu et de lege», morto nel 1349 e ricordato in una lapide del Duomo di Oristano.

Restando però ai quinque libri (i registri nei quali dalla fine del XVI secolo venivano annotati gli atti di battesimo, matrimonio, morte, cresima e lo stato delle anime delle parrocchie) i primi comuni antenati che ho trovato della mia antenata Dominica Mameli e di Goffredo Mameli erano Martiny Mameli (di Arzana † 1630), che aveva sposato ad Arzana Maria Melj (di Arzana).

Si sa che vivevano ad Arzana. Quindi, il primo paese di origine dei Mameli che si conosce è Arzana. Il loro figlio Cristofal (Cristoforo) Mamely (n. Arzana † Gairo 7.10.1675) si sposò a Lanusei il 28.10.1649 con Joanna Lay (di Lanusei, f del notaio Joanne Antiogo Lay e di Sisinna Corda de Piras di Lanusei). Da quest’atto di matrimonio inizia la documentazione della genealogia della famiglia Mamely; i registri precedenti al 1649 sono andati persi quando i locali della Curia Vescovile di Tortolì vennero requisiti dall’autorità militare. I coniugi andarono a vivere ad Arzana fino al 1671 per poi trasferirsi a Gairo. Dal loro matrimonio nacquero 8 figli, tra i quali Juan Francisco Maria, padre di Domenica (antenata della mia nonna materna Giovannina Cucca) e Juan Antiogo Maria, trisavolo paterno di Goffredo Mameli, che fu battezzato a Gairo il 25.5.1675. Quest’ultimo, ultimati gli studi, quasi sicuramente a Cagliari, divenne notaio e iniziò la carriera diplomatica, divenne nobile (per volontà di Carlo VI d’Asburgo) e sposò donna Isabella de Olmedilla, del paese di Olmedo nel regno di Castiglia, figlia forse di don Antonio di Olmedilla (della Villa di Agreda) e di donna Barbara de Orria y Recarde. Andò per un certo periodo a vivere a Torino, dove nacque un suo figlio. Divenne console imperiale dell’Imperatore d’Austria Carlo VI nella Corte dei Savoia, ma nel 1727 mandò di nascosto 5 istruttori ai setifici austriaci, la qual cosa non piacque al Governatore di Torino, che, d’accordo col Re, lo fece arrestare e poi trasferire a Milano con il divieto (contenuto in una clausola voluta dal Principe Eugenio di Savoia) di farlo rientrare in Sardegna. Gradatamente si riprese, fu nominato Regio Pesatore di Messina, ufficiale della Segreteria di Stato e di Guerra di Palermo, Segretario onorario dell’Imperatore Carlo VI. Infine ridiventò funzionario del Ducato di Milano. Morì a Cagliari il 16.9.1751. Il figlio di Juan Antiogo Mamely e di Isabella de Olmedilla, Antonio Vincenzo Mamely (fu il primo ad aggiungere al proprio cognome il predicato «dei Mannelly» a causa di un errore compiuto in un precedente atto di battesimo di un antenato), fu cav nob don con diploma del 7.5.1784 di Vittorio Amedeo III, Re di Sardegna (n. 17 b 28.5.1722 a Torino † a Cagliari il 29.4.1804) sposò a Cagliari il 27.12.1753 Maria Eulalia Carboni. Il loro figlio, Salvatore Raimondo Mamely (b Cagliari 14.10.1761 † 27.6.1849) sposò a Cagliari il 6.7.1795 Barbara Paradiso († a Cagliari 12.11.1858). Il loro figlio, Giorgio Mameli (b a Cagliari 24.4.1798 † 9.4.1871 – Ammiraglio e Deputato) sposò a Genova il 24.4.1826 Maria Adelaide dei Marchesi Zoagli. Questi erano i genitori di Goffredo Mameli (Giacomo Goffredo Raimondo, b a Genova 5.9.1827 † a Roma il 6.7.1849).

Riassumendo, non si può dire che la famiglia di Goffredo Mamely fosse genovese, o torinese, o cagliaritana, ma si può dire che la sua famiglia, partendo da Arzana, Lanusei e Gairo, si era spostata a Torino e a Cagliari, prima di arrivare a Genova, dove lui nacque. Egli apparteneva a una famiglia, le cui prime e più antiche origini erano ogliastrine, anche se forse l’unica volta in cui venne in Sardegna fu con la famiglia nel 1835 (aveva 8 anni) quando in Liguria imperversava la peste; arrivò a Cagliari con la nave Aurora.

Con le accurate ricerche all’Archivio di Lanusei e di Cagliari, ho trovato, poi, il riscontro di quanto sosteneva mia madre sulla parentela della famiglia di sua madre Giovannina Cucca con quella di Goffredo Mameli. Riprendiamo Juan Francisco Maria Mamely, fratello di Juan Maria Mamely, il trisavolo di Goffredo Mamely. Juan Francisco Maria Mamely (b. Arzana 4.8.1658 † a Gairo il 14.8.1720) ∞ si sposò a Gairo il 26.9.1688 con Simona Pira (b. Gairo 29.10.1671 † a Gairo il 23.4.1713). La loro figlia Dominga Mamely (n. a Gairo, cr. Aprile1721 † 27.7.1756) ∞ si sposò a Gairo il 27.1.1714 col notaio Antonio Francesco Cuca Monni, figlio di Juan Francisco Cuca e Artemissa Barba (b Ilbono 10.3.1684 † 7.8.1730). Il loro figlio, il Notaio Salvador Thomas Cuca o Cucca (b a Gairo il 9.3.1726 † a Muravera il 2.5.1760) ∞ si sposò a Muravera il 12.6.1757 con Minia Padery, figlia di Joseph Maria Padery e di Nicolava Cica (nata a Muravera verso il 1735 † Villaputzu 2.11.1808). Il loro figlio, Iosephus Maria Cucca Senior (n. a Muravera l’1.11.1758) ∞ si sposò a Villaputzu il 15.7.1799 con Maria Anna Rosa Camedda, figlia di Gaetano Camedda di Serri e di Paula Satta di Villaputzu (b Villaputzu 17.12.1770). Per la sposa erano le terze nozze, dopo aver sposato in prime nozze Giaime Piana di Osilo e in seconde nozze Proto Sequi di Osilo. Dal matrimonio di Iosephus Maria Cucca e Maria Anna Camedda nacque l’esattore delle imposte Iosephus Maria Cucca Junior (Giuseppino – n. a Villaputzu il 31.7.1802 † a Muravera l’8.9.1884) che si sposò a Muravera il 14.11.1824 con Priama Selis, figlia di Emanuele Selis e di Donna Felicita Deplano (b Mur 31.5.1810 – † 17.11.1902 a 92 anni). Il loro figlio, l’ufficiale postale Ferdinando Cucca (b Mur 30.5.1834 † Mur 7.4.1900 a 65 anni) si sposò con Celestina Cocco Marcello, figlia di Ioseph Coco Cocco di Quartu S.E. – Sinnai e di Iosepha Rosa Marcello Carta di Selegas (b Guasila 20.8.1842 † a Muravera l’11.11.1900 a 58 anni). Questi sono i genitori della mia nonna materna, Giovannina Cucca (Mur b 10 n. 9.4.1867 † a Muravera il 19.7.1941), per la quale mi ero proposto di trovare gli ascendenti parenti della famiglia di Goffredo Mameli: è risultato che il padre della sua antenata Dominica Mameli, Juan Francisco Maria Mamely, era fratello di Juan Antiogo Maria Mamely, trisnonno di Goffredo Mameli.

A Lanusei in Piazza Vittorio Emanuele è affissa una lapide intitolata: Schema genealogico di Cristoforo e di Goffredo Mameli.

Di seguito sotto al centro viene indicato il capostipite: Cristobal Mameli (cgt con Joanna Lay). Subito sotto a destra si trova Giovanni Antioco Maria (cgt con Isabella de Olmedilla), il trisavolo di Goffredo Mameli, mentre a sinistra viene indicato Giovanni Francesco Maria (cgt con Simona Pira), che era (come si può leggere subito sotto) il padre di Francesco Cristoforo Mameli, ma anche della sua sorella Dominica Mameli, antenata della mia nonna materna, Giovannina Cucca.

Le origini ogliastrine di Goffredo Mameli – di Evaristo Pinna

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