Le artiterapie, o terapie espressive sono una delle forme più attuali e in rapida diffusione tra le varie pratiche di terapia dei disturbi psicologici e in generale di cura del disagio individuale. Scopo dell’Arteterapia è di offrire uno spazio privilegiato e protetto che faciliti la libera espressione e che aiuti ad elaborare le difficoltà che influiscono sulla vita sociale ed affettiva. Il nostro immaginario figurativo, quello che permette alle nostre emozioni di prendere corpo e di veicolare all’esterno il nostro mondo interiore, si forma e stratifica nel tempo, dal momento della nostra nascita e lungo tutto il corso della nostra vita, alimentandosi di informazioni visive costanti e ininterrotte. Il profondo mutamento che i sistemi di comunicazione tecnologica stanno apportando alla nostra percezione delle immagini, muta sostanzialmente anche il nostro immaginario figurativo che faticherà sempre più a scindere tra ciò che è reale da ciò che è virtuale. L’Arte ci aiuta a esprimere (che significa “portare fuori”) e comunicare (che significa rendere gli altri partecipi di qualcosa) il nostro immaginario interiore. Queste due parole, alle quali comunemente diamo significati intercambiabili, assumono due significati ben distinti all’interno del processo Arteterapeutico. In questo articolo cercheremo di approfondire l’aspetto comunicativo che il “fare arte” intrinsecamente possiede e come l’evoluzione, nella storia recente, della fruizione delle immagini influisce profondamente sul patrimonio simbolico collettivo.

Le Terapie Espressive sono una delle forme più attuali e in rapida diffusione tra le varie pratiche di terapia dei disturbi psicologici e in generale di cura del disagio individuale. L’Arteterapia consiste nel favorire il processo di espressione spontanea aiutando la comunicazione attraverso la pratica delle tecniche artistiche. Il prodotto artistico realizzato funge da mediatore di relazione tra l’utente e lo specialista, infonde protezione e contenimento, e pur rispettando i meccanismi di difesa, attiva una serie di sollecitazioni a livello fisico, intellettuale ed emozionale che scatenano mutamenti organici e psicologici innescando processi di riparazione.

L’Arteterapia è l’arte della narrazione che riporta a galla dettagli del passato e del vissuto inconscio che possono essere reali o intrecciati con la fantasia, ma che fanno tutti parte di un alfabeto personale necessario a comporre un linguaggio funzionale appunto alla narrazione. In questo processo non si utilizzano le parole, ma le immagini che attingono alla memoria individuale per aiutare a far uscire i lati più profondi della persona, agendo come sostituzione o integrazione della comunicazione verbale. L’espressione artistica diventa quindi una rappresentazione del nostro mondo interiore e dei meccanismi che solitamente mettiamo in atto nel rapportarci con la realtà esterna.

Abbiamo parlato di espressione e abbiamo parlato di comunicazione, parole che solitamente tendiamo a trattare come omologhe, ma che hanno un significato profondamente diverso e hanno un ruolo temporale ben definito all’interno del percorso arteterapeutico.

Esprimere (dal latino exprimere ex– fuori e premere – stringere) letteralmente significa fare uscire premendo, mandare fuori, (implicitamente ammette l’esistenza di un dentro e un fuori) ma più comunemente in senso figurativo, si intende manifestare il proprio concetto con forza. Possiamo essere coscienti delle nostre emozioni pur non comprendendone il significato profondo. Mentre quando comunichiamo e condividiamo un concetto lo abbiamo già interiorizzato e reso riconoscibile agli altri (da: communis-comune – significa rendere comune, far gli altri partecipi di una cosa). La comunicazione in Arteterapia è la meta, è il risultato di un percorso che la persona compie attraverso l’espressione del proprio mondo interiore per mezzo del fare artistico. Non ha senso parlare di comunicazione finché nel soggetto che si esprime non si costituisce una relazione dialogica interiore. Durante il percorso arteterapeutico si esprimono, attraverso simboli e immagini, sentimenti profondi che non sono comprensibili ma che man mano che si procede con la produzione artistica assumono un significato comunicativo diventando un codice che si esprime in maniera strutturata e che si fa linguaggio condivisibile. A questo punto utente e specialista trovano uno strumento comune di decodifica di questo immaginario interiore che trova finalmente la sua via d’uscita permettendo di portare alla luce contenuti intimi attraverso il linguaggio delle immagini.

Parlando di linguaggio delle immagini non possiamo non fare un breve cenno alla teoria della percezione visiva che ci permette di capire quanto può influire sul nostro immaginario personale la fruizione delle immagini contemporanee veicolate da tecnologie in continua evoluzione.

Lo studio della percezione visiva indaga le relazioni inscindibili che regolano il rapporto tra l’organo visivo, l’occhio, e la mente. Il mondo che noi vediamo, che noi guardiamo tutti i giorni è il risultato di un processo mentale estremamente complesso e sofisticato. Tutto comincia dall’occhio sul fondo del quale si formano delle piccole immagini rovesciate, ma l’immagine che noi vediamo è frutto di una catena di eventi che coinvolgono principalmente il nostro cervello. E’ la nostra mente che elabora l’immagine riconoscendola, grazie ad informazioni già depositate nella memoria, contribuendo così ad alimentare costantemente quello che chiameremo “archivio visivo” personale. “Possiamo dire che vedere è essenzialmente riconoscere perché consiste almeno in parte, nel risvegliare o rintracciare nel nostro cervello conoscenze già presenti” (L. Maffei A. Fiorentini “Arte e cervello” Zanichelli 1995). Il nostro cervello, come sappiamo, è diviso in emisfero sinistro o linguistico che analizza i particolari e li allinea, scandisce lo scorrere del tempo e ha competenze di tipo verbale (parlare leggere ragionare) e in emisfero destro o emisfero visivo che elabora i dati in modo rapido, astratto, spaziale, sintetico e mnemonico. Il ruolo dominante dell’emisfero sinistro nei processi linguistici ha fatto in passato erroneamente pensare che questa zona avesse funzioni più importanti rispetto all’emisfero destro. Studi recenti hanno invece dimostrato come i due emisferi cerebrali presentano differenti specializzazioni ma tutte fondamentali nella realizzazione dei processi cognitivi e nella costruzione del pensiero. Il linguaggio grafico o visivo è quello che, grazie alla sua capacità di sintesi, permette di esprimere con pochi simboli contenuti di grande complessità, come i sentimenti o le emozioni, e questo dimostra come il rapporto tra i due emisferi sia estremamente articolato, complesso e inscindibile.

Ogni nuova immagine acquisita porta una variazione nel nostro cervello; diventando un oggetto della nostra memoria ed entrando a far parte del nostro bagaglio visivo questo ci permette di adattarci agli stili e alle mode nelle diverse epoche storiche.

Nel corso della storia delle immagini rappresentate dall’uomo, si registra oltre ad un’evoluzione nelle tecniche adottate a questo scopo, anche un’evoluzione e una trasformazione dei soggetti rappresentati e del modo in cui vengono rappresentati. Tutti i grandi cambiamenti stilistici nella rappresentazione delle immagini sono sembrati strani. incomprensibili o stravaganti ai contemporanei ma col tempo sono entrati a far parte del linguaggio visivo comune e sono stati accettati come mezzo di comunicazione facilmente comprensibile.

Al giorno d’oggi, ovunque volgiamo lo sguardo, siamo circondati da immagini (televisione, riviste, computer, smart phone, cartelloni pubblicitari, libri ecc…) ed è attraverso le immagini che pensiamo, sogniamo  e cerchiamo di capire il mondo che ci circonda. Dopo il 1839 (nascita della fotografia) i mass media hanno reso onnipresenti le immagini realizzate con un “obiettivo”, e questo ne ha indelebilmente cambiato la percezione e fruizione, ampliando all’infinito il nostro inconscio immaginifico.

Secondo la teoria costruttivista o empirista (Richard Gregory 1923 –2010) la percezione visiva avviene di volta in volta per confronto dinamico tra l’informazione sensoriale fornita dall’occhio e le immagini percepite e conservate in memoria. Le percezioni sono ipotesi che noi formuliamo su dati sensoriali lacunosi. Decidiamo che cosa vedere sulla base di un ragionamento probabilistico.

La teoria costruttivista ipotizza che per “vedere” sia necessario aver imparato a vedere. In un mondo in cui siamo circondati da immagini bidimensionali statiche o in movimento, dove nuove tecnologie hanno introdotto nuovi sistemi di diffusione e fruizione delle immagini,  imparare a decodificare questo alfabeto diventa sempre più improrogabile. Come sostiene Marc Augé:  “Sono convinto che a scuola, nelle classi primarie, sarebbero necessarie delle lezioni di lettura dell’immagine, ovvero ancora prima delle lezioni di scrittura. Quando si tratta di lezioni di scrittura-lettura del libro si impara contemporaneamente a leggere e a scrivere, l’uno è inconcepibile senza l’altro. Mentre con i media in generale è come se imparassimo a leggere da soli senza aver mai imparato a scrivere. (U.Eco, M. Augé, G. Didi-Huberman La forza delle immagini Franco Angeli ed. – 2011 pp. 52)

Ecco dunque che parliamo di linguaggio visivo che come il linguaggio verbale prevede un alfabeto e una struttura. L’alfabeto, o meglio il codice del linguaggio visivo, sono i segni: il punto, la linea, il colore, la superficie, la luce, il volume, ecc.. Per poter comunicare utilizzando il linguaggio visivo, tali segni devono essere organizzati all’interno di una struttura che mette in relazione significati e significanti secondo regole precise.

Citerei a tal proposito una frase di Elena Giordano che sintetizza perfettamente il concetto di Arte come forma di comunicazione: “L’arte è in sé costruzione, organizzazione, uso dei materiali e utilizzo di un codice (artistico) che ha proprie regole, che aiutano i propri contenuti interni ad assumere forme condivisibili e comprensibili anche agli altri, diventando così veicolo di comunicazione e collegamento con la società, magari per interpretarne la sofferenza e il disagio.” (Elena Giordano – www.arteterapia.it/admin/public/pdf/file/2.pdf)

Possiamo quindi concludere dicendo che la conoscenza del codice visivo è indispensabile per comprendere i messaggi che le immagini comunicano.  In Arteterapia dobbiamo tener presente che se il linguaggio visivo si rifà a dei codici di lettura universali, l’immaginario che questo linguaggio veicola è legato all’universo delle emozioni, dei sentimenti e della memoria portando alla luce un universo simbolico personale che necessita di tempo e numerosi prodotti (artistici) per poter essere decodificato. Ciò che noi solitamente connotiamo come simboli sono in realtà segni grafici convenzionali di cui spesso coscientemente ignoriamo il significato implicito. Quando questi simboli si fanno ricorrenti significa che emergono con insistenza, senza l’urgenza di darsi significato ma con l’esigenza di rivelarsi, ed è così che il processo arteterapeutico si fa comunicazione e cura.

Così in ognuno di noi è presente, un immaginario visivo collettivo, alimentato dal contesto storico culturale in cui viviamo, e un immaginario visivo soggettivo, alimentato da una storia di apprendimento personale e limitato da ciò che abbiamo vissuto, visto ed incontrato personalmente. In questo senso il lavoro dell’arteterapeuta muta e si adatta in funzione del contesto in cui opera. L’anamnesi della storia personale è quindi fondamentale per avere un chiaro quadro della provenienza culturale e del contesto sociale del soggetto, ma nello stesso tempo questo lavoro è ostacolato e reso sempre più delicato e complesso dal mondo globalizzato ed omologato della comunicazione che propaga una quantità infinita e incontrollabile di immagini e con esse messaggi che modificano e alterano in modo rapido e ingovernabile il mondo dell’immaginario.

Bibliografia

Marc Muret  Arte-terapia  red edizioni-Collana l’altra medicina – 1991

  1. Giordano, G. Manarolo Fare arteterapia – Ed Cosmopolis – 2008
  2. Della Cagnoletta Arteterapia la prospettiva psicodinamica – Carocci Faber – 2010
  3. Arnheim Arte e percezione visiva – Feltrinelli – 2005
  4. Mastrandrea Psicologia dell’arte – Carocci Editore – 2015
  5. Maffei, A. Fiorentini Arte e Cervello Zanichelli –Collana nuvi classici della scienza – 1995

U.Eco, M. Augé, G. Didi-Huberman La forza delle immagini Franco Angeli ed. – 2011

  1. Eliade Immagini e simboli Jaca Book Reprint – 2015
  2. Gombrich, J. Hochberg, M. Black Arte, percezione e realtà –Piccola Biblioteca Einaudi – 2002
  3. Molteni L’arteterapia – Xenia tascabili 2007
  4. Brusatin Storia delle immagini – Piccola Biblioteca Einaudi – 1995
  5. Cappelletto Neuroestetica. L’arte del cervello – Editori Laterza – 2009
  6. Voltolini Immagine – Il Mulino – 2013
Arteterapia: Esprimere e comunicare attraverso le immagini – Giorgia Todesca

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