Nel manuale «Spiegazione della tavolozza fonografica, ossia alfabeto universale del prof. Cav. Antonio Michela inventore del sistema fonografico universale a mano e della macchina stenofonografica» del 1887, della società fonografica Michela, quando si deve spiegare la pronuncia di alcuni suoni ci si avvale della descrizione fisica del movimento compiuto dall’apparato fonatorio e di esempi pratici, derivanti dalla lingua italiana, dal dialetto piemontese, dal francese, dal latino, dal tedesco o dall’inglese. È il caso della e muta francese, lingua assai conosciuta e diffusa all’epoca, il cui suono viene definito come «cupo e poco sensibile», con tanto di esempi («table», «cave», ecc.), o della u «anomala» inglese («but»)[1].

Nel tentativo di descrivere e differenziare alcuni suoni particolari, però, come la nasale extradentale e quella gutturale, caratteristici delle lingue straniere, l’autore non trova altro mezzo se non quello di rimandare all’insegnamento diretto, in presenza (non potendo all’epoca rifarsi a registrazioni audio): «D’altronde la miglior regola per distinguere la differenza dei due elementi ora analizzati è unicamente quella di sentirli a pronunciare e spiegare dall’insegnante, e noi la raccomandiamo[2]».


Da «Stenofonografia Michela a processo sillabico
istantaneo ad uso universale mediante piccolo e
portatile apparecchio a tastiera»,
Torino, Tipografia Roux e Favale, 1879,
pagina 15

In effetti, ricostruendo il contesto originario in cui si è diffusa la conoscenza della fonografia e della stenofonografia Michela, è ancora più semplice comprendere le ragioni di tale raccomandazione, che oggi – nell’epoca dell’insegnamento a distanza, per teleconferenza, con lezioni registrate e disponibili gratuitamente on line – appare così distante e irrealizzabile. Il metodo Michela inizialmente è stato insegnato dal professore nell’ambito della sua cerchia di familiari e affini, come Giovanni Michela o Annina Violetta, prima allieva stenografa al Senato, che poi divenne a sua volta insegnante del metodo Michela. Da tale cerchia ristretta, il sistema si è via via espanso ed è stato insegnato anche in scuole, di cui abbiamo traccia, in Italia e all’estero.

Per quanto riguarda la diffusione della conoscenza del metodo Michela all’estero, il primo Paese ad accoglierla fu la Francia, a cominciare da Parigi, grazie a Luigia Gillio. In virtù della sua perfetta conoscenza delle lingue – che le veniva dalla madre, di origine svizzera – ella collaborò, come Anna Violetta, alle dimostrazioni del sistema in Italia e oltralpe: fu infatti «chiamata telegraficamente dall’Ingegner Michela per recarsi assieme a Lui a Parigi, onde dare presso l’Assemblea Legislativa un saggio della Macchina Stenografica» con la richiesta di portare con sé la «macchina colorata[3]». Infatti, assunta dal Senato in via definitiva il 22 dicembre 1881, dopo aver richiesto un congedo di un mese (il 14 febbraio dello stesso anno) per poter effettuare la suddetta dimostrazione all’Assemblea Nazionale francese, rimase in servizio meno di un anno per stabilirsi definitivamente a Parigi[4], dove si dedicò alla diffusione del sistema steno-telegrafico Cassagnes, come testimoniano il libro dei conti della società Michela e la nutrita corrispondenza tra Giovanni Michela e il brillante ingegnere francese[5]. Abbiamo notizia infatti della suddetta società Michela con sede a Parigi, nella quale operavano una decina di persone, e le nostre informazioni sull’attività di Luigia Gillio in quella città arrivano fino al 1905.


Da «Rivista Illustrata Settimanale» dell'8 maggio 1881

Abbiamo poi notizia di una richiesta di brevetto dello stenotelegrafo da parte di Cassagnes in Brasile, successiva di qualche anno al trasferimento di Luigia Gillio a Parigi.


Da «La lumière electrique, journal universel d'électricitè»,
Paris, 1889, n. 13



Da «A Pátria. Órgão dos interesses da colônia brasileira
no Rio da Prata», Montevidéu, Quinta-feira 17,
de Julho de 1884

Per quanto riguarda la diffusione dell’insegnamento del sistema Michela in Italia, invece, essendo questo stato adottato per la redazione dei verbali e dei resoconti presso il Consiglio Regionale del Piemonte – che l’ha introdotto nel 1980 e l’ha mantenuto fino al 2018 – e il Consiglio Regionale della Basilicata, se ne può ragionevolmente ipotizzare la diffusione tramite corsi informali (probabilmente impartiti da ex stenografi) più che tramite vere e proprie scuole specifiche dedicate esclusivamente alla stenotipia, di cui comunque non abbiamo contezza[6].

Per quanto riguarda l’impiego a contratto di stenotipisti con metodo Michela, da parte diversi organi istituzionali con sede a Roma[7], prevalentemente a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, abbiamo invece notizia di alcune cooperative, scuole e centri di formazione professionale nei settori amministrativo-contabile e informatico-multimediale, che periodicamente diffondevano anche la conoscenza del sistema Michela[8].

L’adozione del sistema stenofonografico Michela da parte del Senato del Regno – e il proseguimento ininterrotto del suo utilizzo anche da parte del Senato della Repubblica, fino ai giorni nostri – ha favorito la sopravvivenza e l’evoluzione del sistema (che pure era stato valutato dalla Camera dei deputati italiana e dall’Assemblea nazionale francese, che poi però non optarono per la sua adozione). L’insegnamento della stenotipia Michela e la formazione dei resocontisti da parte del Senato, dunque – in assenza di una grande tradizione di scuole di stenotipia in Italia, dovuta anche alla stagnazione del mercato del lavoro nel settore, a causa della scarsità dei fondi in ambito giudiziario – è quasi sempre avvenuto in house tramite corsi-concorsi della durata di circa un anno e mezzo, ad accesso tramite selezione pubblica[9].

Fonte: https://twitter.com/SenatoStampa?
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%7Ctwterm%5Eprofile%3ASenatoStampa
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www.senato.it%2Fhome



Nella maggioranza degli altri parlamenti europei ed extraeuropei in cui la redazione dei resoconti viene o veniva effettuata mediante stenotipia (Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Argentina, Australia ecc.), la formazione dei resocontisti parlamentari tradizionalmente non è mai stata svolta in house, a differenza di quanto è sempre avvenuto nel Senato italiano, ma si è sempre attinto a personale già formato. Questo era possibile grazie alla presenza di scuole specializzate, diffuse sul territorio in ragione di un florido mercato del lavoro, come accade negli Stati Uniti, dove vi è una solida tradizionale di scuole di formazione e certificazione per stenotipisti real time, che trovano ampi sbocchi professionali nel settore giudiziario come court reporters o nella sottotitolazione in tempo reale di eventi, conferenze o in televisione. Proprio alla difficoltà di trovare personale già formato, nei Paesi in cui una tradizione scolastica di stenotipia non aveva una forte presenza, si deve il progressivo abbandono della stenotipia per la resocontazione parlamentare, perché la formazione in house viene considerata più come un costo da abbattere che come un investimento.

L’ultimo corso di formazione per resocontisti parlamentari con metodo Michela è stato organizzato dal Senato nel 2003[10] ed è stato il primo ad impartire l’insegnamento della stenotipia digitale, con software Total Eclipse, tuttora in uso. Ad insegnare il metodo furono due resocontisti in pensione, che dovettero in parte adattare il metodo che avevano appreso e utilizzato nell’arco della loro carriera (basato su regole abbreviative tradizionali) alla stenotipia digitale, per rendere i criteri abbreviativi tradizionali compatibili con il software e limitare così la presenza di conflitti, agevolando l’attività dell’intelligenza artificiale. Il corso, della durata di un anno e mezzo, prevedeva l’insegnamento della stenotipia Michela a partire dai semplici fonemi, per poi elevare progressivamente la velocità dei dettati fino ad arrivare alle 150 parole al minuto e oltre. Parte integrante del metodo era il collegamento da parte dell’insegnante al pc dello studente durante i dettati e la proiezione sul megaschermo del suo elaborato, al fine di controllare con trasparenza il lavoro degli studenti, condividerlo con gli altri a beneficio comune e imparare a gestire l’emotività, aspetto fondamentale nell’attività parlamentare. L’insegnamento, secondo la tradizione che abbiamo menzionato all’inizio, era basato prevalentemente su un metodo frontale, con teoria orale e senza il supporto sistematico di manuali, che pure sono stati stesi da vari resocontisti nell’arco delle diverse generazioni (A. Michela Zucco, Vincenti, De Alberti, Bertolini, Michela Zucco-Angeloni, Del Signore-Ramondelli, e via discorrendo).

In anni più recenti, si è deciso di sperimentare un modo per codificare la teoria Michela in un metodo ancora più strutturato e sfruttare la potenzialità del web per offrire l’opportunità di formarsi a chiunque sia interessato. In quest’ottica, sono stati svolti alcuni incontri di carattere divulgativo, più che formativo, volti a diffondere la conoscenza della tecnica della stenotipia Michela, con la massima apertura alla collettività e nel desiderio di far conoscere un sistema che, evolutosi nel tempo, nella tecnologia e nella tecnica, si presta oggi a molteplici applicazioni anche estranee all’ambito parlamentare (dalla sottotitolazione per la disabilità all’input veloce di testi, solo per citarne un paio).


Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=KxF3pXbV9qE&t=373s

Sono dunque stati realizzati dal Senato invia episodica e sperimentale alcuni laboratori di stenotipia Michela nell’ambito dell’iniziativa «Un giorno in Senato», che coinvolge scolaresche dalle classi primarie alle superiori, per far conoscere ai giovani studenti le potenzialità di una tecnica rimasta troppo a lungo prevalentemente limitata al mondo parlamentare e pertanto considerata inaccessibile ed elitaria, che però ha sempre suscitato l’ammirazione e la curiosità del pubblico. Il laboratorio, della durata di circa un’ora, prevede una parte di introduzione teorica al sistema, storica e tecnica, e una pratica. Normalmente vengono organizzate sei postazioni a cui a turno possono accedere gli studenti e una, dotata di webcam, per l’insegnante (uno stenografo attualmente in servizio), che in tal modo può mostrare ai presenti la posizione delle mani. Sul proiettore, mentre lo stenotipista spiega le combinazioni di sillabe più semplici da far provare a chi per la prima volta mette le mani su una tastiera Michela, sono visibili il testo in chiaro e le combinazioni stenotipiche che vengono digitati (in una sorta di equivalente della vecchia striscia stenografica), nonché i tasti da premere su una rappresentazione a colori della tastiera.

Per far questo, ci si avvale del software plover[11], che ha la caratteristica di essere open source e gratuito e quindi consente a chi lo desidera di proseguire con la sperimentazione e la conoscenza del sistema. Sul sito relativo, infatti, sono stati pubblicati sia la spiegazione della teoria Michela, per imparare il metodo e i criteri abbreviativi, sia diversi dizionari, per provare la scrittura in modalità sia fonetica (tradizionale) sia ortografica. Inoltre, su Youtube sono disponibili diversi tutorial che illustrano come avvalersi di una pianola tradizionale e adattarla a tastiera Michela per chi desideri cimentarsi con il sistema.

Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=q9Y9jtOB7G0

Questa dunque l’evoluzione della conoscenza del sistema dalle origini ai nostri giorni: dalla viva voce dell’insegnante alle illimitate potenzialità offerte dalla rete – anche in termini di platea di potenziali interessati che si può raggiungere, senza confini – che si possono sfruttare grazie alle mirabolanti prodezze offerte dalla tecnologia (registrazione di lezioni audio e video, webcam per mostrare la posizione delle mani, tutorial DIY per procurarsi il materiale necessario e così via).

 

Note

[1] Ibidem, pag. 2.

[2] Ibidem, pag. 23.

[3] Le notizie riportate sono tratte dal fascicolo personale di Luigia Gillio, conservato presso l’Archivio Storico del Senato della Repubblica.

[4] Proprio da Parigi, il 6 febbraio 1882, scrisse al Senato per rinunciare all’incarico e il 30 giugno 1882 il Consiglio di Presidenza accolse le sue dimissioni, senza sostituirla. È dunque lei la «signorina Michela» ritratta nella «Rivista Illustrata Settimanale» dell’8 maggio 1881 mentre rende una dimostrazione del sistema Michela all’Assemblea Nazionale francese, anche se dal libro dei conti della società Michela si intende che non era questa la prima occasione in cui si era recata in quella città, che evidentemente esercitava su di lei un’attrattiva particolare.

[5] In «Ultime notizie. La macchina Michela applicata ai telegrafi», in «La Gazzetta Piemontese» del 5 luglio 1884, un testimone strabiliato racconta: «L’operatore, che era un’operatrice, era la signorina Luigia Gillio, italiana, stenografa al Senato a Roma. Avevo già avuto modo di vederla manovrare, all’Esposizione di Parigi del 1878, la macchina Michela. Oggi le ho dettato due brani della Gazzetta Piemontese. Essa ha un’agilità di dita straordinaria e sorprendente, ed ha telegrafato 2.250 parole in un minuto, ciò che fa la bellezza di 13.500 all’ora! Mentre il Cassagnes – per tenersi in una buona media – non ne garantisce che 10.000 … Ho chiesto alla signora Gillio quanto tempo ci voleva per fare un buon impiegato steno-telegrafico; essa mi ha risposto: “Sei mesi, con 4 ore di esercizio al giorno!”. Non è poco, ma per avere un buon operatore al telegrafo Hugues si richiedono due anni di tirocinio indefesso». E conclude: «Le esperienze cui ho oggi assistito sono concludenti, la macchina Michela-Cassagnes è destinata ad un grande avvenire». Chissà se Luigia si è mai pentita della sua scelta di lasciare l’impiego al Senato?

[6] Per quanto riguarda la città di Torino, alcuni corsi sono stati tenuti dalla società Koinè Sistemi, attiva dal 1981, mentre a Trento è nota l’attività della Cooperativa Cdr, di via Prati 16, inaugurata nel 1989 e presieduta dal professor Luigi Zambelli, che formava stenotipisti Michela per il Consiglio regionale e per collaborazioni occasionali con la Provincia (Agenzia del lavoro), la Btb, le Usl di Trento e Rovereto e le società Data Management di Milano (da «L’Adige» di Rovereto, n. 21, di mercoledì 14 giugno 1989).

[7] È il caso della Provincia e del Comune di Roma, dal CSM, della Banca Nazionale del Lavoro, della Federazione gioco calcio e di alcuni tribunali, dove la stenotipia Michela veniva utilizzata per la resocontazione occasionale delle riunioni degli organi direttivi o dei consigli di amministrazione. Nel caso della BNL i resoconti stenografici delle riunioni dei comitati di sezioni di credito, come quelli dedicati al turismo o al cinema, venivano utilizzati per la redazione dei il verbali, da inviare poi alla Banca d’Italia.

[8] Come ad esempio la Cooperativa Fonema e l’Istituto Spellucci, tuttora attivo.

[9] La falsa notizia legata alla cessione esclusiva del brevetto Michela al Senato potrebbe aver influito in parte sulla diffusione del sistema, ma non in maniera preponderante sull’aspetto formativo. Nell’archivio storico del Senato, infatti, sono stati ritrovati documenti (come il contratto originale con la società Michela e la convenzione originaria) che attestano la cessione del brevetto al momento dell’adozione della Michela da parte del Senato, con licenza e concessione d’uso e possibilità di manutenzione, ferma restando la proprietà intellettuale; non vi era però alcuna menzione del divieto di utilizzo da parte di terzi per cento anni né di alcuna esclusiva, che invece erano entrati nella vulgata e che quindi potrebbero aver contribuito a limitare l’utilizzo, la diffusione e l’insegnamento del metodo stenotipico Michela agli ambiti ristretti di cui abbiamo fatto menzione.

[10] A seguito di una selezione pubblica basata su quiz di cultura generale, furono selezionati 70 allievi, divisi in due corsi (uno mattutino e uno pomeridiano). Non era necessaria la laurea per accedere al corso, ma lo sarebbe stata, quella triennale, per poter partecipare alla selezione successiva (il concorso pubblico alla fine del corso di resocontazione, per accedere alla professione).

[11] http://www.openstenoproject.org/

 

La formazione dello stenografo Michela ieri e oggi – di Giulia Torregrossa

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