Immagine dell’Autore di come vorrebbe che l’Umanità, raffigurata nella bambina, perché l’Umanità è ancora tale e sarà adulta solo quando riuscirà a darsi un unico ius universale, almeno per i problemi del Mondo che riguardano tutti, considerasse la sua madre Terra: con assoluto amore che tra tutti i linguaggi è il più universale e vincente.

Immagine dell’Autore di come vorrebbe che l’Umanità, raffigurata nella bambina, perché l’Umanità è ancora tale e sarà adulta solo quando riuscirà a darsi un unico ius universale, almeno per i problemi del Mondo che riguardano tutti, considerasse la sua madre Terra: con assoluto amore che tra tutti i linguaggi è il più universale e vincente.

Premessa
parole chiave: 1) Dante 2) Ambiente

1) Dante

In Italia

È ritenuto da tutti gli studiosi uno dei padri fondatori della Nazione Italiana vuoi per la sua significativa ed esplicita invettiva nella Divina Commedia:

«Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!»

(Purgatorio, canto VI, vv. 76-78)

contro un’Italia disunita ed in guerra tra i suoi potentati a disposizione di qualsiasi potere straniero la volesse prendere vuoi soprattutto per il preciso disegno espresso nel “De Monarchia” di un impero universale sotto un unico ius capace di assicurare la pace e l’auspicio di un’Italia sotto un unico dominio (vedi anche i richiami auspicanti di Dante nella Divina Commedia nei confronti di Cangrande della Scala suo Mecenate) e non divisa tra tante signorie per lo più sempre in conflitto o guerra tra di loro, assumendo questa posizione oltre cinquecento anni prima dell’Unità d’Italia, ma soprattutto perché è stato capace di costruire, estraendola dal volgare toscano e dal latino di cui era dotto, nella Divina Commedia, la lingua italiana che è ancora leggibile e rimasta intatta fino ai tempi nostri, utilizzata universalmente come guida musicale e una delle 5 lingue (tra le oltre 6000 nel Mondo che si conoscono) più studiate sulla Terra.

Nel Mondo

 Dante è ritenuto, con la Divina Commedia, uno dei sommi poeti dell’Umanità di tutti i tempi quale espressione dei sentimenti umani più profondi ed uno dei massimi dotti del Trecento costituendo le sue opere ed in specie la Divina Commedia uno dei più compiuti compendi della cultura del Basso Medioevo, essendo in Italia assieme a Giotto (1266-1337) rivoluzionario della pittura mondiale suo contemporaneo, a Leonardo Pisano detto il Fibonacci (1170-1242) ambasciatore e rinnovatore della scienza matematica greca ed araba in Europa ed a Francesco d’Assisi (1181-1226), rivoluzionario del comportamento etico in Europa Occidentale ed a Federico II di Svevia (1194-1250), esempio di monarca illuminato ed universale, vissuti un secolo prima, uno dei 5 frondosi e fruttiferi rami del Pre-Rinascimento italiano da cui poi spuntarono tanti altri meravigliosi fiori e preziosi frutti nel Quattro-Cinquecento per il godimento ed il progresso della intera Umanità. Fuor di ogni dubbio avevano il loro tronco comune nel pieno Alto Medioevo o periodo dei secoli bui dell’Europa Occidentale nelle istituzioni cristiane monastiche di Benedetto da Norcia (480-547). Queste prevedendo con il loro ORA ET LABORA una stretta collaborazione tra fede e lavoro diedero il loro massimo contributo con il salvataggio dell’antica cultura Greco-Romana da parte degli amanuensi e il fiorire dell’erboristeria da parte dei monaci cistercensi in era antica. Beneficio che proseguì fino all’era moderna con le scoperte di Mendel (1822-1884), abate, padre della genetica e di Lemaitre sacerdote cristiano (1894-1966) padre della cosmologia e del Big Bang, per citare solo i massimi religiosi cristiani tra i tanti che hanno dato un enorme contributo alla conoscenza. Tronco comune del Rinascimento che affonda le sue radici più profonde nel cuore della civiltà greco-romana.

2) Ambiente

Per ambiente, intendiamo tutta la realtà fisica che ci circonda, senza limiti, quindi non solo la biosfera che è l’utero materno di tutti gli esseri viventi, ma altresì l’intero Universo conosciuto che interagisce con noi sia direttamente con la pioggia di meteoriti e particelle atomiche che continuano ad impattare con la Terra che indirettamente con il profluvio di onde elettro-magnetiche che ci bersagliano ed attraversano di continuo, di cui alcune sono fondamentali (radiazioni solari) per la vita di tutti gli esseri viventi e con il quale da alcuni decenni stiamo interferendo sempre di più attivamente sia direttamente con i velivoli e le sonde spaziali ed i loro residui inquinanti che indirettamente con il lancio di radioonde esplorative e portatrici di messaggi alla ricerca di eventuali altre intelligenze extra solari.

E fin qui siamo d’accordo.

Ma cosa c’entra Dante con l’Ambiente?

Basta quanto scritto sopra per rendere Dante così attuale, specie per i giovani dei licei e delle università, non solo per quanto riguarda il problema ambientale, ma anche per la soluzione degli altri problemi universali dell’Umanità che riguardano particolarmente le giovani e le future generazioni?

No certamente, per quanto abbiamo detto sopra, ma perché Dante non è solo un sommo poeta e grande dotto del Trecento, ma anche un GRANDE FILOSOFO ETICO cioè un grande consigliere per il comportamento di gruppo etico universale dell’Umanità, nella sua interezza sempre attuale, nei secoli passati sebbene inascoltato, ma mai tanto necessario quanto nei tempi che stiamo vivendo in cui, giocoforza, l’Uomo deve riuscire a darsi un comportamento etico universale se vuole vivere meglio e soprattutto sopravvivere come specie.

Vediamo perché.

L’attualità del pensiero di Dante non sta certamente nella conoscenza che aveva della Terra, l’aiuola che ci fa tanto feroci (Paradiso XXII,151) del Cosmo che si limitava a quella geocentrica aristotelico-tolemaica che fu nettamente superata tre secoli dopo da Copernico e Galilei, desunta dalle letture delle traduzioni latine delle opere greche classiche e al sentito dire dai suoi maestri e dai dotti del suo tempo in quanto Dante, ottimo latinista, non conosceva il greco classico. 

La conoscenza poi di Dante della Natura, per essere stato iscritto ad una delle consorterie delle 7 arti maggiori di Firenze, quella dei medici e degli speziali non poteva andare oltre quella trasmessa dalle traduzioni latine dal greco di Aristotele da parte degli amanuensi, dall’amore verso gli esseri viventi quali creature di Dio che gli poteva derivare dalla sua fede cristiana ed eventualmente dalla lettura del cantico delle creature di Francesco d’Assisi e dalla sapienza dei monaci cistercensi sugli orti e le colture.

La scoperta dell’Ambiente, intesa come conoscenza, consapevolezza della sua importanza vitale e della influenza negativa dell’Uomo su di esso risale solo alla fine degli anni sessanta del Novecento da parte di un ridottissimo numero di uomini saggi e vigili costituenti il cosiddetto Club di Roma. Quella esplicitata universalmente della maggioranza degli scienziati più illustri risale solo al loro celebre proclama all’Umanità nel 1992 per essere accettata universalmente da tutti indistintamente i veri scienziati della Terra solo nel 2007 durante la Conferenza delle Nazioni sull’Ambiente o COP 4.

 La gente comune che ancora oggi, pur dopo tanti dibattiti, per lo più ha una idea assai vaga dell’Ambiente, ha iniziato ad averne interesse solo da pochissimi anni, specialmente dietro le massicce manifestazioni mondiali green dei giovani adolescenti in tutto il Mondo dietro la spinta e l’esempio di Greta Thunberg. E dobbiamo solo alla elezione come presidente di Biden in America se il Trattato di Parigi sulla salvaguardia dell’ambiente terrestre sottoscritto nel dicembre del 2015 dal 94 % delle Nazioni Unite nell’imminente futuro ha una speranza di arrivare in porto per evitare la catastrofe.

Allora come mai Dante è così attuale per il suo pensiero anche e soprattutto riguardante la salvaguardia ambientale?

Perché si evince non solo dalla Divina Commedia ma da tutte le sue opere ed in particolare in maniera assai esplicita, inequivocabile e significativa è sintetizzato nel celebre passo del XXVI canto dell’Inferno della Divina Commedia, quando Dante incontra nella bolgia dei fraudolenti Ulisse, un pagano, un non battezzato e lo fa parlare a rimarcare la valenza universale del suo pensiero.

Il laerziade narra la sua fine appena varcate le colonne d’Ercole, considerate ai tempi d’Omero i confini del Mondo oltre i quali c’era l’abisso, l’ignoto alla guisa di cosa pensiamo oggi possa esserci oltre i confini dell’attuale Universo conosciuto. I suoi marinai atterriti si rifiutavano di attraversare quei limiti e lui li esortò a farlo proclamando: “Fatti non fosti a vivere come bruti ma per seguire virtute e canoscenza”.

Dimostrando Dante di essere una personalità pienamente prerinascimentale in quanto con questa frase non solo spiega lo spirito di iniziativa di Marco Polo (1254-1324) ma preconizza qualche secolo prima quelli che furono i superamenti geografici rinascimentali delle colonne d’Ercole. Basti qui soltanto citare Vasco da Gama (1469-1524) con la circumnavigazione dell’Africa fino a giungere a Calcutta e soprattutto Cristoforo Colombo (1451-1506) con addirittura la scoperta di un altro immenso continente e Magellano (1480-1521) con il superamento di capo Horn e la circumnavigazione dell’intero Globo. Viaggi oltre le colonne d’Ercole dei mostri tabù che l’Umanità ha seguìto senza interruzioni per i secoli successivi fino a raggiungere la Luna in attesa di conquistare Marte tra qualche anno e proseguire sempre più lontano alla ricerca di una seconda culla in un tempo che speriamo sia il più lontano possibile quando la Terra non sarà più vivibile.

 Analizziamo i sintagmi composti della intera frase

“Fatti non fosti”

Dante con questa prima parte della sua affermazione manifesta in maniera inequivocabile di credere in un Dio creatore di tutti gli uomini, cristiani e non, come i marinai di Ulisse. Dal contesto della Commedia si evince lapalissianamente che Dante è un teologo erudito del suo tempo e un credente cristiano, ma di quelli che ritengono che tutti gli uomini indistintamente, cristiani e non, sono figli di Dio e non come si riteneva comunemente ai suoi tempi con le Crociate che dividevano gli uomini in cristiani figli di Dio che non solo potevano, ma altresì dovevano uccidere i non cristiani specie giudei e mussulmani e come ha fatto fino a qualche anno fa la chiesa cattolica che riteneva meritevoli del paradiso solo i battezzati che erano morti senza peccati e che relegava nel limbo tutti i non battezzati che pure avevano vissuto santamente.

 “A vivere come bruti “

Non siamo stati creati per vivere come animali, cioè viventi dominati completamente dagli istinti naturali che pure abbiamo e con i quali dobbiamo fare i conti continuamente:

  1. sopravvivenza a qualsiasi costo;
  2. vivere solo per la ricerca del cibo o di ciò che serve ad assicurarselo e
  3. per la procreazione, per cui dobbiamo per forza competere tra di noi per il possesso del territorio fino anche ad eliminarci soggiacendo inesorabilmente alla selezione naturale. Lo abbiamo sempre fatto e continuiamo a fare con le guerre e con l’inquinamento ambientale antropico, pur potendolo evitare con il nostro libero arbitrio guidato dalla nostra intelligenza,
  4.  sia tramite un comportamento morale fideistico positivo: non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, comune a tutte le religioni più importanti del Mondo;
  5. sia tramite un comportamento etico universale: con uno ius unico per tutti gli uomini della Terra almeno per la soluzione dei problemi fondamentali comuni a tutti, avendo l’Etica come fine sempre ed unicamente il Bene autentico valido per l’Umanità intera.

“Ma per seguire virtute“

Per Aristotele la virtute in varie componenti era la base logica del comportamento etico. Per i Romani la virtute era il valore militare, cioè la capacità di uccidere il proprio simile nemico. Per il Dante la virtute è la morale cristiana illuminata, che era quella indicata dal vecchio e dal Nuovo Testamento che fondamentalmente vale anche da oltre 2500 anni anche per l’Induismo, l’Ebraismo, il Buddismo e lo Zoroastrismo e da circa 1500 anche per i Mussulmani: non uccidere il proprio simile, non rubare, non dire falsa testimonianza.

E fin qui nulla di nuovo sotto il Sole poiché questo lo avevano detto precedentemente non solo Cristo e 500 anni prima di lui Zoroastro e Budda, ma anche Maometto.

“E canoscenza“

 Alla fine della frase, Dante seguendo la linea del suo tanto ammirato e studiato Aristotele allievo di Socrate e Platone che ricorda nel Purgatorio, completa il suo aforisma e si stacca nettamente da tutti i pensatori etici a lui precedenti e da quelli positivisti e razionalisti che vennero dopo l’Illuminismo e del materialismo ideologico marxista-leninista dei tempi nostri.

Vediamo perché

Mentre i fondatori delle grandi religioni del passato tuttora vigenti (Mosè, Mahavira, Budda, Zoroastro, Cristo e Maometto) si erano limitati solo a indicare di seguire la virtute (non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza) per la conquista dell’aldilà edenico senza, non dico invogliare, ma nemmeno consigliare di seguire la canoscenza. Anzi, da alcune di esse (Buddismo e Mussulmanesimo) viene tuttora ritenuta deviante dai compiti religiosi dell’Uomo (oscurantismo) ed i grandi pensatori classici greci che non solo non erano stati illuminati dal verbo cristiano, specie della fratellanza umana, avevano persino messo in dubbio le loro credenze fideistiche, che pure professavano per bon ton ad Atene. Dante pone la virtute da seguire assieme alla canoscenza come conditio sine qua non solo per andare in Paradiso post mortem ma anche per vivere bene sulla Terra.

Tutte le sue opere letterarie hanno un chiaro fine idealistico trascendentale, ma sempre tenendo i piedi ben fissi sulla Terra che lui tiene in grande conto ed i cui peccati condanna nell’Inferno in maniera esemplificativa carnalmente a monito di tutti.

Egli realizza, secondo il pensiero esegetico attuale un passo avanti immenso non solo superando i Grandi filosofi greci, ma anche i pensatori che vennero nei secoli successivi, gli illuministi e post illuministi fino ai marxisti che perseguivano unicamente la canoscenza, ma che ripudiavano la fede nel soprannaturale come mera manifestazione della superstizione e dell’ignoranza umana.

Oggi lo studio delle neuroscienze e l’analisi accurata della storia umana, specie dopo il fallimento del Marxismo-Leninismo avvalla la fede dell’Uomo in qualcosa di superiore, trascendentale metafisico, non come mero frutto della sua superstizione e ignoranza ancestrale come hanno sempre ritenuto i pensatori immanentistici, ma come necessità naturale ai fini della sopravvivenza della specie umana. Serve ad essa a far gruppo e per la sicurezza del singolo uomo cosciente che necessita di un assoluto punto di riferimento davanti all’incertezza ed al mistero che lo circonda e nei momenti difficili e bui della speranza in una rivalsa grazie solo alla giustizia divina.

 La fede in qualcosa di superiore dell’Uomo è riconosciuta come una necessità naturale unica comune a tutti gli uomini ivi compresi gli agnostici ed i cosiddetti atei. Sono le religioni che essendo un fenomeno epigenetico, culturale che cresce ubertoso attorno al sentimento fideistico possono essere diverse e spesso pure le une contro le altre. Resta comunque il fatto che tutte le grandi religioni hanno una etica comune, cioè un modo di comportarsi universale sul quale potrebbero trovare una intesa ai fini di premere sui governi per le soluzioni dei problemi gravi comuni dell’Umanità e purtroppo non lo fanno con l’eccezione di Papa Francesco che sta cercando di farlo assieme ai Cristiani greco-ortodossi, agli Anglicani e ad alcuni iman del Medioriente.

E siccome in Natura nulla è senza un fine di sopravvivenza perché tutto ciò che vive è frutto di una selezione naturale implacabile, derivata da miliardi di anni, il sentimento della fede viene persino dalla scienza accettato come valido e necessario per l’Uomo perché la conoscenza e la scienza umane per quanto si siano molto ampliate e possano espandersi ulteriormente saranno sempre limitate per cui avremo sempre bisogno di un Credo (vuoi fideistico che razionalistico come quello di Einstein) per colmare il nostro horror vacui come base del nostro pensiero e quindi del nostro agire.

Einstein soleva dire che: ”La fede senza la scienza è cieca e la scienza senza la fede è zoppa.”

 Dante sintetizza ciò che attualmente da parte del pensiero più avanzato e privo di qualsiasi condizionamento di ipse dixit dei pensatori moderni è ritenuto ottimale per il comportamento umano:

1) avere pure un punto di riferimento fideistico sincero e non per bon ton o opportunismo in una qualsiasi delle religioni o credenze attuali più diffuse, ma senza oscurantismo e comportamento assolutistico-ortodosso, cioè quando ci si attiene rigidamente alla interpretazione letterale dei testi sacri, con la libertà della ricerca continua della conoscenza senza ostacolare e/o osteggiare la scienza e accettando sempre di reinterpretare i testi sacri delle loro religioni alla luce della nuova conoscenza obiettiva, tenendo conto del suo continuo progresso;

2) vivere con virtute, cioè mantenere il controllo dei propri istinti vitali, sublimando le loro forze ed indirizzandole al vero Bene della Umanità intera;

3) seguire la canoscenza nel significato del continuo aggiornamento del buon comportamento umano man a mano che aumenta la nostra cultura con le esperienze, il lavoro, lo studio e la ricerca che trovano la loro sintesi più oggettiva e migliore nella scienza.

Dante anche senza averlo detto, oggi, sembra dire a Voltaire e Marx:Cosa sono la scienza ed il lavoro senza virtute, senza etica?”

 Lo abbiamo visto con le invenzioni di sempre maggiori armi distruttive e crudeli per ucciderci, il cattivissimo e perverso utilizzo dell’energia nucleare, con i guai che abbiamo causato e stiamo causando all’Ambiente nostro pabulum vitale e soprattutto con la quasi assoluta indifferenza dell’Umanità che sta meglio o che crede di esserlo nei confronti dell’altra parte che sta peggio come se non fossimo componenti di una unica compagine interconnessa.

Dante, quindi, anche se non ha mai parlato dell’Ambiente poiché la conoscenza dei suoi tempi non glielo permetteva ha indicato un metodo che travalica il suo tempo, perfeziona il pensiero dei grandi filosofi greci arricchendolo della morale positiva cristiana che è anche etica universale alla base di tutte le grandi religioni privando queste con il seguire la canoscenza, dei loro difetti peggiori: a) l’oscurantismo e b) l’interpretazione assolutistica letterale dei loro testi sacri, come fanno più o meno tutti gli esegeti più ortodossi delle grandi religioni e teorie filosofiche causando scismi e spesso anche guerre di religione sanguinose.

 Oggi con la conoscenza che ci garantisce la scienza sappiamo che certi nostri comportamenti sono contro la virtute perché danneggiano o uccidono l’Uomo direttamente, come nel caso delle guerre e dell’inquinamento ambientale e/o indirettamente danneggiando e distruggendo la Natura da cui dipendiamo per la qualità della nostra vita e la sopravvivenza della nostra specie.

In questo modo Dante è più che mai attuale per i nostri problemi ambientali e con il suo metodo di pensiero lo sarà anche per tutti gli altri problemi universali che incombono o incomberanno sull’Umanità.

Quale pensatore, per quanto sommo è riuscito a sintetizzare le regole dell’Etica Universale, raggiungendo un compendio positivo del pensiero futuribile per il buon comportamento umano come quello dantesco espresso dalla voce di Ulisse con un aforisma di sole 13 parole e con il linguaggio volgare rimasto quasi immodificato dopo 700 anni e non in latino, di cui aveva la piena padronanza e che era la lingua ufficiale dei dotti del suo tempo e lo fu fino a tutto il 700, a prova della volontà dantesca di voler essere popolare per essere comprensibile in maniera immediata all’uomo comune?

Persino Kant, il massimo filosofo dell’era moderna, che ha cercato di sintetizzare il concetto etico dell’Imperativo Categorico:

agisci soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso,
puoi volere che divenga una legge universale”.

impiegando più parole circa 450 anni dopo di Dante non è mai riuscito a farsi capire dall’uomo comune, ma solo dagli addetti ai lavori come lo prova il fatto che ha dovuto esprimere lo stesso concetto con le altre due proposizioni seguenti:

agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.”

La volontà non è semplicemente sottoposta alla legge, ma lo è in modo da dover essere considerata auto-legislatrice e solo a questo patto sottostà alla legge.”

Vi pare poco?

Dante e l’Ambiente – di Vincenzo Iannuzzi

Navigazione articoli


Un pensiero riguardo “Dante e l’Ambiente – di Vincenzo Iannuzzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *