Desidero ringraziare il carissimo amico Luigi Di Marco che mi ha spinto a scrivere questa “storia nella storia” nel momento in cui gliel’ho raccontata.

Faccio miei (si fa per dire) tre paragrafi tratti dal suo libro “La compagnia dei Magi” Per la formazione degli strateghi d’impresa – Ed. Franco Angeli – del quale consiglio la lettura e che, al primo capitolo “La matassa della complessità” ci dice:

Nella mia vita professionale ho percorso la grande matassa del lavoro, del mio lavoro, inconsciamente prima, problematicamente dopo ed illuminata in fine.

Ho presente nella mia mente un’immaginaria immensa “matassa” di fili ove ognuno di noi percorre la vita, gli affetti, lo studio, il lavoro, sul proprio filo e lo intreccia con gli altri in un’infinità di svolte, curve e rettilinei che assumono intensità, colore e luce sempre mutevole, ma sempre frammista agli altri e con gli altri cangiante.

La “matassa” è il mio simbolo della complessità, ma è anche il percorso per comprenderla e farla propria.

L’avventura

Era l’inizio del 1965, frequentavo il terzo anno della scuola superiore allorquando un mattino entrò in classe la bidella per dirmi che ero convocata dal Preside. In un attimo passai in rassegna nella mia mente le possibilità di aver combinato qualcosa e che il mio punto debole, ovvero la vivacità, avesse reso necessario qualche provvedimento disciplinare: non mi veniva in mente alcunché! Mentre mi recavo in presidenza stavo, comunque, pensando che, forse, avrei dovuto “fare i conti con papà”, anche se ancora non sapevo come! Il sorriso del Preside al mio ingresso mi arrecò qualche speranza; forse, pensai, mi ha convocato per qualche altro motivo o forse perché sono la capoclasse…

Mi disse subito, senza tanti preamboli che, assieme ad altri compagni, ero stata selezionata per partecipare ai Campionati Nazionali di Montecatini di Stenografia e Dattilografia e che saremmo partiti nel mese di maggio per questa attività… avventura, pensai io.

Ricordo la gioia e l’emozione: in un solo attimo mi passarono per la mente alcuni pensieri magnifici: 3, 4 giorni di vacanza da scuola, forse un po’ di libertà (erano tempi duri per una ragazza quelli!) e senza costi per la mia famiglia.

Poi, forse, avrei anche potuto vincere! Ne seguì un periodo di preparazione e di grande allenamento e man mano che passavano i mesi aumentava anche l’emozione. Arrivò il giorno della partenza in treno, poi la sistemazione in Hotel e, il mattino successivo, con la nostra maniacale puntualità, eccoci in fila davanti ad un’immensa sala (o comunque a me era sembrata tale), forse si chiamava Kursaal, in mezzo a centinaia di studenti provenienti da tutta Italia. Fummo chiamati uno alla volta e distribuiti qua e là, ben lontani dai nostri amici.

Gara di dattilografia 1965
Gara di stenografia 1966
I miei accompagnatori. papà e la professoressa. 1967

L’incontro

Mi trovai quindi seduta, da sola, con le mie matite, ad aspettare davanti ad una macchina da scrivere… ed ecco che  un signore, un bell’uomo, molto alto, con i capelli grigi che aveva l’aria di un Preside (una figura che per me allora era il massimo della autorità scolastica e anche istituzionale) si stava avvicinando a me! Sì, proprio a me,  pensai di essere privilegiata…

In realtà ero da sola in mezzo a tanti tavoli ancora vuoti, poiché eravamo arrivati in notevole anticipo! Mi salutò e mi chiese, per iniziare, da dove venissi. Risposi a parecchie sue domande di circostanza e poi mi chiese cosa avrei voluto fare da grande! Io penso che nessuno me lo avesse mai chiesto prima, nemmeno mio padre! Gli dissi che avrei voluto fare la professoressa di tedesco, ma che il mio sogno era di possedere una Scuola per Interpreti e Traduttori. Non ricordo tutto ciò che mi disse, perché ero molto emozionata o forse è perché sono trascorsi troppi anni…, ma sono certa che mi disse che lui insegnava o aveva insegnato stenografia in italiano ed in francese proprio in una Scuola per Interpreti e Traduttori e che era una bellissima esperienza. Dissi con voce un po’ tremante che non ero sicura che fosse possibile! Comunque, sottolineai, mi interesserebbe fare la stessa cosa per la lingua tedesca. Aggiunsi anche in tutta fretta che anch’io avevo una grande passione per la stenografia. Lui mi disse che avevo un sogno curioso, quello di diventare padrona di una scuola e non solo di insegnarvi.

Comunque aggiunse, mentre stava per andarsene, ma si trattenne e non ho mai dimenticato le sue parole: “cara signorina Loredana lei ama due discipline meravigliose il tedesco e la stenografia! Non abbia paura di sognare e nemmeno tema di dover scegliere  tra le due! Insegua i suoi sogni e complimenti, chissà che non ci si veda ancora e mi racconterà! Ricordo che, dentro di me, sorse spontanea una domanda e cioè mi stavo chiedendo quanti anni avesse quel bel signore!?

Seppi dopo che si trattava del professor Flaviano Rodriguez, uno dei capi, se non il capo di tutta l’organizzazione di quel grandissimo evento. Ed anche colui del quale, anni dopo, ebbi in mano i parecchi libri scolastici da lui scritti.

Il prof. Flaviano Rodriguez

Il destino

Nel giorno di quell’indimenticabile incontro non avrei mai immaginato di quanto concrete e realizzabili sarebbero state le parole del professor Flaviano Rodriguez. Ricordo che ero felice di tornare a casa per raccontare ai miei genitori che un signore importante si era complimentato con me per i miei sogni… Quei sogni  dei quali avevo solo accennato a mamma e papà perché li avevano considerati “strani e assurdi”!

Pur non avendo avuto, per parecchi anni, un’altra occasione di incontrare il Prof. Flaviano, le sue parole “possibiliste” circa la realizzazione del mio sogno, erano rimaste scolpite nella mia mente e spesso pensavo che “ce la potevo fare” anche perché me l’ha detto quel signore importante!

 Da allora e da quando, davanti allo specchio, con le scarpe dai tacchi alti di mamma e un poco di rossetto sulle labbra, recitavo il ruolo della “signora importante che possedeva una scuola” dovevano trascorrere parecchi anni…

1965 – 1989

Lo scorrere del tempo di Salvator Dalì

Una vita…

Terminati gli studi, l’insegnamento, il matrimonio, la famiglia, un marito e un figlio meravigliosi sempre al mio fianco. E poi finita una fase della mia vita…  via verso il sogno nella costruzione di quel puzzle giuridico che mi serviva per avere i requisiti necessari e poi il grande cambiamento: nel 1989 giunge il riconoscimento legale del percorso universitario. Il professor Rodriguez mi aveva detto, mentre stava per andarsene, girandosi un attimo: “signorina, se lei desidera così fortemente avere un istituto tutto suo ci riuscirà!” ed ecco che, con il riconoscimento legale nella busta contenente la raccomandata, telefonai alla mia mamma e le dissi: “ce l’ho fatta mamma, la scuola per interpreti e traduttori adesso è mia”!

La realizzazione del sogno di bambina, il destino favorevole, un po’ di fortuna, la famiglia sempre al mio fianco, la passione e la motivazione avevano reso possibile tutto questo. Certamente non è stato facile, i primi anni sono stati durissimi perché potevo contare solo sulle mie forze.

1989 – 2021: 32 anni sono trascorsi, anni di fatiche ma anche di successi. Il grande amore per i ragazzi e il susseguirsi di tanti altri sogni complementari, finché nel 2003 la riforma dell’università trasformò il nostro diploma universitario in un corso di laurea.  Ancora oggi sono convinta che il Ministero non avrebbe voluto consacrarci, ma era cosa fatta. Forse è stata una assegnazione inconsapevole, un errore, ma per noi, un successo incredibile. “Il Ministero me l’ha data (la trasformazione da D.U. Diploma Universitario in Corso di Laurea equipollente al titolo rilasciato dalle Università statali!!) e guai chi me la tocca: questo dicevo spesso!

 Naturalmente l’inizio fu caratterizzato dalla trafila dei documenti, dalla dimostrazione documentale che avevamo recepito gli standard, che avevamo i docenti in possesso dei requisiti, che la struttura aveva tutte le idoneità necessarie, che eravamo solvibili dal punto di vista finanziario eccetera, eccetera… un anno di relazioni tecnico scientifiche, di commissioni giudicatrici e poi… l’approvazione… ?  Che gioia, che impegno e che fatica!

Per alcuni anni, avevo anche uno scoglio grossissimo da superare, ovvero guadagnarmi la stima e la credibilità del territorio. Noi non eravamo un “laureificio”: gli studenti pagano e acquistano la Laurea! Nossignori!

Un altro grande scoglio pungente: il fatto che “LA” Legale Rappresentante fosse una donna! Ogni volta che partecipavo ad un incontro istituzionale mi veniva chiesto “Lei è la segretaria di…?”

A fronte di questi momenti difficili c’erano tanti, tanti momenti fantastici: gli studenti bravi, un titolo spendibile subito e ben presto si sparse la voce e le iscrizioni arrivarono.                      

La cavaliera del trilinguismo

Una tappa importante fu il mio ingresso nell’Accademia Aliprandi, divenuta poi “G. Aliprandi e F. Rodriguez”: un gruppo di studiosi, intellettuali, un bel serbatoio di valori e saperi, un cenacolo di studi. Grande fu la mia emozione nel rivedere il prof. Flaviano Rodriguez, dopo tanti anni, un po’ anziano, ma sempre una mente lucida e brillante, per me indimenticabile perché era stato il primo, pur non conoscendomi, che aveva attribuito valore e fattibilità al mio sogno.

Molti anni sono trascorsi da quel lontano maggio del 1965… sono volati, centinaia di ragazzi hanno scelto il nostro percorso accademico e ci hanno concesso la massima fiducia. Con commozione e un po’ di velata malinconia devo raccontare che qualche studente ci ha portato la figlia o il figlio per intraprendere la stessa strada!  Parecchie sono state le tappe e i riconoscimenti, tre Label Europei e poi, nel 2014, con sorpresa e gioia il conferimento, da parte del Presidente della Repubblica, del cavalierato al merito della Repubblica, per aver fondato e realizzato un percorso universitario di qualità e per aver dato concretezza al “valore economico della cultura”. Nel 2017 il “Premio Nazionale Donna” per essere riuscita, una delle prime donne, a legalizzare ed attivare un percorso di grado elevato in grado di trasmettere conoscenze, capacità e competenze spendibili subito. Non solo trasmissione dei saperi, ma anche del saper fare.

Arriviamo ad oggi, il 2021: dopo 32 anni abbiamo deciso di passare la mano. La componente accademica istituzionale della società entrerà a far parte di una grandissima Fondazione che opera in tutta Italia, con una decina di istituzioni come la mia e diverrà un polo molto importante, forse il più grosso interlocutore con le istituzioni. Oggi serve innovazione ed è necessario fare rete poiché le idee, pur buone e brillanti di una o due sole persone non bastano più. Noi, in I.S.I.T. continueremo a lavorare nella formazione.

L’Accademia G. Aliprandi e F. Rodriguez oggi

In questo momento l’Accademia, alla guida del prof. Carlo Rodriguez, figlio di Flaviano, sta sviluppando un nuovo progetto, siamo pronti a porci del nuovi obiettivi e a lavorare, gli uni vicino agli altri, per farne un punto di riferimento culturale, progettuale e formativo per le future generazioni, aprendo la porta a nuovi ingressi. La cultura “vera” ha bisogno di risorse umane portatrici di passione e motivazione, da condividere.

Per quanto mi riguarda metto a disposizione dell’Accademia la mia esperienza a fianco dei miei Amici. Noi siamo appassionati studiosi di codici linguistici, ma anche affascinati ed interessati a studiare i linguaggi.

Sarà mio impegno dedicarmi anche ad approfondire e a “favorire la sensibilizzazione” al “Linguaggio di genere” del quale vi è ancora poca consapevolezza, eppure le relazioni sono alla base della nostra vita e sono fondate sui linguaggi. Con essi e con la lingua si comunica e attraverso l’uso corretto delle parole si può scegliere la via più corretta e democratica. Quando parliamo e scriviamo trasmettiamo anche il nostro modo di pensare e i nostri pregiudizi.

È ancora recente l’individuazione del “problema” di adeguare i lessico e il linguaggio della comunicazione alla presenza della donna nella società. È una questione culturale ed è necessario “spingere” fino all’uso linguistico, anche se, forse, sarà un percorso ancora lungo.

AD MAIOREM REI MEMORIAM: un augurio generoso e fortemente empatico. Cercheremo di migliorarci costantemente e di non accontentarci mai. Dobbiamo impegnarci verso obiettivi migliori e più grandi… sempre!

La storia nella storia – di Loredana Bettonte

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