Nella cultura occidentale, le scritture veloci e l’arte della memoria si sono incrociate alcune volte nel loro cammino. In un certo senso la stenografia è complementare all’arte della memoria in quanto elimina tutto quello che non è necessario ricordare. La memoria, il senso del discorso e le regole grammaticali permettono di interpretare le abbreviazioni e di aggiungere quello che è stato omesso.
Gli stenografi sanno bene che la memoria ha un ruolo importante nella loro arte. Molti di loro concordano che la stenografia è rafforzata dalla memoria e a sua volta rende la memoria più allenata e forte. Ma c’è di più, alcuni sistemi stenografici, ad esempio il Cima, nascondono una vera e propria mnemotecnica. Il sistema verbale-numerico, che è la base di una grande branca della mnemotecnica moderna, è letteralmente il fondamento di diverse stenografie. Iniziamo a spiegare cosa è il sistema mnemonico verbale-numerico e se siete dei Cimiani vedrete che la avete sempre conosciuto.
Il sistema mnemonico verbale-numerico.
Pierre Hérigone (1580-1634) matematico e astronomo francese, forse annoiato di portare in tasca delle voluminose tabelle di costanti, decise di inventare un sistema per tradurre un numero in una parola. Il sistema originale era arzigogolato ma non rovinava le tasche della palandrana. Nel tempo seguirono diversi aggiustamenti fino a quando la sublime invenzione trovò la sua forma definitiva nel 1820 per opera del mnemonista e stenografo Aimé Paris (1798–1866). Questo perfezionamento finale segnò l’inizio di un’epoca felice per i mnemonisti che si trovavano in mano un sistema dalle potenzialità enormi e per gli stenografi che scoprirono di poter scrivere qualsiasi parola con un numero limitato di segni. Il sistema consisteva in questo:
Ad ogni numero corrispondono i seguenti foni divisi in base alla pronuncia:
o 0 (z, s, sc) fricative alveolari (più qualche intruso)
o 1 (t, d) plosive alveolari
o 2 (n, gn) nasali alveolare e velare
o 3 (m) nasale bilabiale
o 4 (r) trillo
o 5 (l, gl) laterale approssimante
o 6 (j, c, sh morbide) affricative
o 7 (c, g dure) plosive velari
o 8 (f, v) fricative labiodentali
o 9 (p, b) plosive bilabiali
Le vocali di una parola non hanno alcun valore numerico, ateo = 1 ode = 1 odio = 1.
Le lettere doppie contano come singole, atto = 1 coppia = 79 copia = 79 accoppa = 79.
In questo modo si poteva ricordare che gli occhiali furono inventati in Pisa (in = 2, Pisa = 90) [1290 invenzione degli occhiali l’uno iniziale è omesso visto che in storia non si sbaglia di 1000 anni].
Napoleone fu l’uomo più famoso che Ajaccio ebbe (che = 7 Ajaccio = 6 ebbe = 9) [1769 nascita di Napoleone ad Ajaccio]. Da notare che la j e la w vengono considerate come vocali e non come consonanti.
L’Elba vedrà (vedrà = 814) [1814 esilio all’Elba] e a Sant’Elena sarà dichiarato defunto (defunto = 1821). [1821 morte di Napoleone. In questo caso l’uno iniziale è stato aggiunto per poter fare una parola sensata].
Bisogna ricordare che la tabella è fatta sulla base della pronuncia non sulla grafia della parola. Questa distinzione è importante in italiano ed è basilare in francese e inglese.
Un modo facile per ricordare la tabella delle corrispondenze consiste nel memorizzare la frase:
“Se tieni amore al gioco fai pazzia”
Ogni consonante della frase è in ordine numerico.
Se qualcuno fosse interessato ad approfondire l’argomento consiglio “L’arte della memoria” di Benedetto Plebani, edizioni Hoepli. Lo si trova anche tra i ‘reprint antichi manuali Hoepli’. Questo libretto, che riassume tutta la mnemotecnica, era stato scritto in polemica con la monumentale opera “Arte della memoria” di Tito Aurelji. I due libri sono in un certo senso complementari. Il libro dell’Aurelji è una delle vette massime dell’arte mnemonica tabulare ed è imprescindibile per gli appassionati. Ho trovato una copia attraverso Mare Magnum ma credo si possa reperire una ristampa anche su Amazon.it.
Dai numeri alla stenografia.
Aimé Paris pensò di applicare questo sistema mnemonico alla stenografia in modo molto diretto e semplice. Ad ogni numero, e quindi ad ogni gruppo di consonanti con pronuncia simile, corrispondeva un segno scelto in modo che i vari segni potessero essere scritti uno dopo l’altro, senza staccare la penna dal foglio. Le vocali venivano omesse. L’idea piacque molto a Pitman che l’adottò per il suo sistema stenografico. Pitman introdusse una modifica al sistema di Aimé Paris: i segni venivano scritti con un segno sottile o ispessito per rappresentare la prima o la seconda consonante del gruppo in modo da facilitare la leggibilità.
Alcune considerazioni storiche possono aiutare a capire perchè diversi sistemi stenografici abbiano usato lo stesso approccio. All’epoca di Aimé Paris, fino a dopo la seconda guerra mondiale, il sistema scolastico richiedeva la conoscenza di un gran numero di date, altezze di montagne, lunghezze di fiumi e simili. Gli studenti, incoraggiati dagli insegnati, usavano vari sistemi mnemonici e quello di Aimé Paris era il più praticato, non solo in Francia ma in tutta europa e negli Stati Uniti. Chi si accingeva a studiare stenografia, grazie al sistema di memorizzazione, conosceva già la divisione delle consonanti e sapeva passare da una parola ad un numero e viceversa. Doveva solo associare ad un numero un simbolo e 80% dell’alfabeto stenografico era appreso. Questa tecnica di memoria era cosi conosciuta che la sua fama sopravisse al cambiamento dei metodi didattici. Negli anni ’80 dello scorso secolo, nelle scuole italiane, questo sistema mnemotecnico era ancora tramandato da uno studente all’altro. All’epoca era ormai considerato un trucco esoterico ma era ancora usato.
Un altro grande vantaggio di questa suddivisione di consonanti è che, se anche non si ispessisce o non si allunga il segno per distinguere le varie consonanti che hanno una pronuncia simile, la parola è ancora interpretabile.
Usando questo sistema si può si scrivere un testo usando solo il tastierino numerico del computer. Per non fare le cose troppo complicate userò anche le vocali.
Praticamente un testo viene trascritto usando solo 15 simboli (1,2,3,4,5,6,7,8,9,0,-,*,/,+,.) e lo spazio. Per fare una prova più vicina alla stenotipia si possono usare i numeri che sono nella parte alta della tastiera (sotto i tasti f) e con i pollici usare le lettere c,v,b,n,m per le vocali.
Ad ogni numero corrisponde un gruppo di consonanti, come mostrato sopra, 0 (z, s, sc), 1 (t, d), 2 (n, gn), 3 (m), 4 (r), 5 (l, gl), 6 (j, c, sh morbide), 7 (c, g dure), 8 (f, v), 9 (p, b).
Le vocali sono simboleggiate dalle 4 operazioni e dal punto decimale (le tastiere anglosassoni hanno il punto al posto della virgola) oppure dalle lettere c,v,b,n,m nel caso vogliate scrivere con due mani usando i numeri sotto i tasti f.
Non è perfetto ma è sufficiente per scrivere. Quello che segue è un brano famosissimo e dopo le prime parole scoprirete di essere in grado di leggere facilmente tutto dall’inizio alla fine. Non cercate di ricordare semplicemente il codice. Vi consiglio di concentrarvi sulla pronuncia della parola, ad esempio se si legge 7 pensate, o meglio ancora pronunciate, un suono gutturale fra k e g e cosi’ via per ogni numero. Dato che leggere un brano, seppur breve e famoso, traducendolo da un codice completamente nuovo potrebbe risultare noioso, le vocali nel testo sono state scritte con le lettere ordinarie. Buona lettura.
7ue5 4a3o 1e5 5a7o 1i 7o3o, 7e 8o56e a 3e00o6o42o, 14a 1ue 7a1e2e
2o2 i21e44o11e 1i 3o21i, 1u11o a 0e2i e a 7o58i, a 0e7o21a 1e55o
09o46e4e e 1e5 4ie214-4e 1i 7ue55i, 8ie2, 7u-0i – u2 14-11o, a
4i014i26e40i, e a 94e21e4 7o40o e 8i7u4a 1i 8iu3e, 14a u2 94o3o21o4io
a 1e014a, e u2 a39ia 7o01ie4a 1a55 a514a 9a41e; e i5 9o27e, 7e i8i
7o26u26e 5e 1ue 4i8e, 9a4 7e 4e21a a27o4 9iu 0e20i9i5e a55o77io
7ue01a 14a08o43a0ia2e, e 0e2i i5 9u21o i2 7ui i5 5a7o 6e00a, e
5a11a 4i7o3i26a, 9e4 4i9i5ia4 9oi 2o3e 1i 5a7o 1o8e 5e 4i8e,
a55o21a2a21o0i 7i 2uo8o, 5a0ia2 5a7ua 7i01e21e40i e 4a55e21a40i i2
2uo8i 7o58i e 0e2i
Il brano originale è formato da 111 parole e 519 caratteri, spazi esclusi. Il brano trascritto con il tastierino, in modo più fonetico, è formato da 111 parole e 490 caratteri, spazi esclusi, con un risparmio di 29 caratteri ovvero il 5.6%. Seguendo il sistema di Aimé Paris, Eliminando le vocali non iniziali, quelle che non sono parte di dittonghi nelle parole plurisillabiche e togliendo lo doppie, si raggiunge una maggior abbreviazione del testo. Come è possibile vedere, la lettura è più complicata ma non impossibile.
7ue5 43 1e5 57 1i 73, 7e 856 a 30642, 14a 1ue 712
2o2 i2141 1i 321, 11 a 02 e a 758, a 0721a 15o
09464 e 1e5 4ie2144 1i 7ue5, 8ie2, 7ua0 a u2 141, a
40142640, e a 94214 740 e 874 1i 8iu3, 14a u2 943214io
a 1014, e u2 a39ia 701ie4 15 a514 941; e i5 927, 7e i8
72626 5e 1ue 48, 9a4 7e 421 a274 9iu 02095e a57io
7ue01 1408430ia2, e 0e2i i5 921 i2 7ui i5 57 60a, e
51 47326, 9e4 495ia4 9oi 23 1i 57 18 5e 48,
a5212210 7i 2uo8, 50ia2 57ua 7012140 e 452140 i2
2uo8 758 e 02
Il numero di caratteri è ora ridotto a 357 pari al 69% del testo originale. Come detto sopra, il sistema può essere difficile da leggere ma con un po’ di allenamento si diventa rapidi. Bisogna tenere a mente che Aimé Paris era un mnemonista e scriveva solo quello che serviva per ricordare, una persona che abbia esperienza in questo modo di scrivere può creare delle ulteriori abbreviazioni in modo da portare il numero dei caratteri al di sotto del 50% del testo iniziale. Un punto importante è che le varie parole abbreviate vengono identificate quando le si legge nel contesto. Cercare di leggere le parole singolarmente non funziona bene, per cui non c’è troppo da spaventarsi se parti singole di una frase sono incomprensibili quando sono prese da sole.
Per finire ecco la tabella delle corrispondenze tra l’alfabeto Cima e il sistema mnemonico adattato alla lingua italiana. Il numero 3 potrebbe essere eliminato e usare il 2 per N, M e GN, cosa che Cima fece, ma per mantenere integre le relazioni tra il Sistema Verbale Numerico e i foni ho preferito tenerli divisi. Magari qualcuno potrebbe essere spinto a crearsi una scrittura veloce personale e usare il simbolo 3 per W e J risolvendo diversi falsi dittonghi come aiuola (ajwola), cuoiaio (cwojajo) e distinguere quelli veri come cui (kui) senza confonderlo con qui (kwi). Se siete interessati ad approfondire i problemi legati alla pronuncia italiana andando fin nei dettagli minuti, suggerisco i libri del Prof. Luciano Canepari.
Come si vede i Cimiani (ma non i Gabelsbergeriani) sono anche dei mnemonisti.
Spero che la lettura vi abbia divertito e interessato.