Nell’immagine, da sinistra: Emmy Hennings, Hans Richter e Hugo Ball

Hans Johannes Siegfried Richter, più comunemente noto come Hans Richter, nacque a Berlino nel 1888. Per un breve periodo studiò architettura a Berlino e poi a Weimar. Intorno al ’12 si avvicinò all’arte moderna; vide le opere degli artisti del Blaue Reiter, visitò a Berlino “der Erster Deutsche Herbstsalon” e la “Galerie Der Sturm”, ove appezzò le opere dei fauvers, cubisti e futuristi.

Il clima culturale a Berlino era caratterizzato dalla contrapposizione degli “accademici” ai “modernisti”, e da continue intromissioni nel campo dell’arte e nella cultura da parte dell’imperatore Guglielmo II°, finché nel ’14 la Germania entrò in guerra, e Berlino diventò una caserma governata dal Capo di Stato Maggiore, generale Paul von Hindenburg.

La maggior parte dei tedeschi rispose con entusiasmo alla chiamata alle armi, ma ben presto il conflitto si mostrò nella sua assurdità. Sul fronte la situazione era disastrosa. Gli austro-tedeschi si scontrarono con i Russi a Gorlice, inutili i tentativi degli anglo-francesi di sfondare le linee tedesche, mentre la Romania fu invasa in poche settimane da parte degli imperi centrali.

Per conquistare Verdun morirono 700.000 uomini, mentre la Battaglia delle Somme , costò la vita a 620.000 anglo-francesi e a 450.000 tedeschi.

Per compensare queste ingenti perdite furono chiamati alle armi sempre più uomini che vennero sacrificati nell’assurdo conflitto e tra loro c’erano anche gli artisti che morirono, rimasero feriti o traumatizzati. Tra questi Otto Mueller, Hugo Biallowons, Ernst Ludwig Kirchner, Paol Klee, Gert Wollheim, George Grosz e Franz Marc, che morì il 4 marzo, ultimo giorno del suo servizio prima del congedo, colpito da un proiettile sul campo di battaglia a Verdun,

Allo scoppio della guerra Richter si trovava a Zurigo al “Café de la Terasse” con i poeti Ferdinand Hardekopf e Albert Ehrenstein quando ricevette la cartolina di precetto per il servizio militare. I tre amici nel lasciarsi stabilirono che si sarebbero ritrovati due anni dopo, lo stesso giorno e nello stesso posto, alle tre del pomeriggio.

Hans Richter, ferito al fronte, fu ricoverato all’ospedale militare di Hoppegarten ove conobbe Liesl, una infermiera, che, congedato, sposò e con lei e le stampelle, si recò in viaggio di nozze a Monaco, all’inaugurazione di una mostra alla Galleria Hans Gloz, alla quale partecipava con alcuni lavori. Si ricordò dell’appuntamento a Zurigo con gli amici, che con grande gioia trovò seduti ad un tavolo, mentre poco lontano sedevano Tristan Tzara, Marcel Janco e suo fratello Georges, ai quali si unirono.

Anche altri artisti, che avevano i mezzi, cercarono rifugio nella neutrale Svizzera. Molti arrivarono a Zurigo, che fu definita “una isola di pace in un mare di guerra”, un punto focale di energie critiche, un centro di rivoluzionario temperamento, ove era possibile, salvarsi.

In città nel ’15 arrivarono Hugo Ball e Emmy Hennings, che per vivere si esibivano in spettacoli di varietà, inserendo, di tanto in tanto, qualche loro poesia.

Hugo Ball era un poeta, scrittore, regista e biografo, che dopo gli studi alle università di Heidelberg e Monaco fu drammaturgo e direttore di un piccolo teatro a Berlino. Allo scoppio della guerra si presentò volontario ma fu scartato.

Emmy Hennings, era una ballerina, cantante, poetessa e scrittrice tedesca, un personaggio complesso con molte sfaccettature, tanto che, quando si crede di averla capita, si scopre un nuovo aspetto della sua personalità. Prima della guerra girò per la Germania e fu per un periodo a Parigi al seguito di una compagnia teatrale di varietà. Nel 1908 iniziò a scrivere e divenne dipendente dalla morfina. Nel ’13 conobbe Hugo Ball con il quale strinse una sincera amicizia, tanto da seguirlo a Zurigo.

Nei primi giorni del 1916, Hugo Ball chiese al signor Ephraim, proprietario dell’osteria Meierei, sita al numero 1 della Spigelgasse, nel tranquillo quartiere di Niederdorf, di poter aprire un cabaret letterario sul retro della sua locanda. Ephraim accettò e Ball coinvolse amici e conoscenti a fornire dei quadri da appendere ai muri. Hans Arp, oltre ad alcuni sui lavori, fornì opere di Picasso e dei suoi amici Otto van Ress e Arthur Segall. Marcel Slodki predispose il manifesto pubblicitario ed i giornali di Zurigo pubblicarono la notizia dell’apertura di un Cabaret letterario; un palcoscenico aperto e libero al quale tutti potevano partecipare.

Il 5 febbraio fu inaugurato il “Cabaret Voltaire”, un luogo goliardico, di infantili sciocchezze, e di manifestazioni d’avanguardia, alle quali parteciparono oltre Ugo Ball e Emmy Hennings, Tristan Tzara, Hans Arp, Marchel Duchamp, Richard Huelsenbeck, Marcel Janco, Kurt Schwitters, Max Ernst, e Hans Richter, che disgustati dai macelli della guerra, cercavano di trovare nell’arte il senso della vita. Le loro provocazioni rasentarono la follia, come folle era la guerra e il fratricidio che si svolgeva sugli opposti fronti.

Hugo Ball coinvolse nel suo progetto artisti tedeschi, francesi, russi, americani e, naturalmente, anche italiani e tra questi: Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Giuseppe Ungaretti, Enrico Prampolini, Julius Evola, Gino Cantarelli e Aldo Fiozzi e Gino Severini.

Dal diario di Hugo Ball: “la sala era strapiena, molte persone non trovarono posto a sedere. Verso le sei del pomeriggio, mentre eravamo ancora indaffarati a martellare e ad affiggere manifesti futuristi, arrivarono quatto uomini dall’aria orientale che si presentarono: Marcel Janco, Tristan Tzara, George Janco ed un quarto di cui non ricordo il nome”.

Su questo quarto personaggio, di cui Ball non ricorda il nome, si sono formulate molte ipotesi. Con ogni probabilità si trattò di Vladimir Iljitsch, più noto come Lenin.

Hans Richter sostiene d’averlo visto più volte in biblioteca, di aver partecipato ad una sua conferenza a Berna, precisando che parlava bene il tedesco e che le autorità svizzere erano più preoccupate per i “rumori” del cabaret che per il dotto russo che progettava la rivoluzione mondiale.

Con ogni probabilità, Lenin frequentò il Cabaret Voltaire dato che abitava, assieme alla sua compagna Nadiejda Kronpskaia, al numero 14 della Spiegelgasse, a pochi metri dal Cabaret.

Dal diario di Hugo Ball: “in sala c’era anche Arp, e potemmo incominciare senza molte parole. Tzara lesse alcune poesie rumene di stile tradizionale andandole a pescare, con modi affascinanti, nelle varie tasche della sua giacca”. Emmy Hennings cantò canzoni danesi e francesi. Un’orchestra di balalaiche suonò stupendi pezzi folcloristici e balli russi.

Da una lettera alla sorella: “In un angolo in fondo alla sala sedeva un gruppo di francesi. Sul palco un polacco cantava canzoni polacche. In un angolo c’erano dei russi che cantavano canzoni russe ed io suonavo, al pianoforte, musica di Debussy”.

Le serate erano condite da poesie, canzoni, brani musicali, balli e qualche intervento d’altro genere, il tutto in opposizione all’assurdità della guerra e dei suoi sostenitori, primo tra tutti l’imperatore dei tedeschi Guglielmo II. La poesia fu la regina delle serate, recitata in diverse lingue perse lentamente la costruzione grammaticale e la sintassi, così come il significato delle parole per inoltrarsi in un nuovo linguaggio poetico. Ball e gli altri erano convinti che per conservare alla poesia il suo ultimo e sacro rifugio era necessario rinunciare a scrivere in modo tradizionale.

I pittori realizzarono maschere e costumi, ma anche pitture e scenografie. Richter realizzò moltissimi ritratti dei presenti alle serate, opere che sempre più si avvicinavano all’astrazione, ed iniziò a cimentarsi con la poesia.

Il 18 aprile del 1916 Hugo Ball pronunciò per la prima volta “DADA” anche se successivamente tutti gli artisti sostennero d’aver inventato la parola Dada.

Hans Richter nel suo libro, “DADA arte e antiarte”, descrive questa contesa e precisa che in molte altre parti del mondo ci sono state manifestazioni simili al Dada ma nessuna è riuscita a diventare una corrente artistica. Solo a Zurigo, per merito delle idee e capacità creative di diverse personalità dell’arte ed in un momento di particolare tensione, è nato il movimento Dada, che ha invaso tutto il mondo.

Hans Richter ricorda anche che, al Cabaret Voltaire Emmy Hennings, ballava, cantava e recitava, a volte da sola o con Sophie Tauber Arp, meritando i complimenti dello scenografo Rudolf Labar che non disdegnò di far esibire le sue allieve al Cabaret Voltaire, e tra queste le famose Mary Wigman e Roy Belemsson. A quel tempo Labar passava l’estate sul “Monte Verità” vicino ad Ascona.

Una sera Emmy Hennings, dal volto magro e distrutto dalla morfina, e con una stridula vocina cantò “la ballata della morte” (Totentanz), una poesia di Hugo Ball già apparsa nel gennaio del 1916 sulla prima pagina del giornale “Revooluzzer”. Una canzone di guerra cantata su di una semplice e banale, ma gioiosa melodia adattata da Emmy, che ad ogni strofa esprimeva il suo sarcasmo e odio verso l’imperatore Guglielmo II e il profondo dolore per gli uomini caduti in guerra: So sterben wir, so sterben wir, / so sterben wir alle Tage (così moriamo, così moriamo tutti i giorni).

La poesia fu cantata da Emmy sulla melodia di una marcia dal titolo “So leben wir” (così viviamo) l’opposto del verso iniziale della poesia di Ball, con l’andamento da ninnananna della canzone “Schlafe nur, sanft und still” (dormi, dormi tranquillo e silenzioso).

Il momento essenziale di tutta la storia del dadaismo si ebbe il 23 giugno del 1916 quando Hugo Ball, in un abito cubista, una specie di vestito vescovile realizzato da Janco, con un foglio di cartone, declamò per la prima volta la poesia “Karavane”, canto di Labada alle nuvole e ad una carovana di elefanti, pubblicata nel 1920 sull’Almanacco Dada da Richard Huelsenbeck.

Lo stesso Ball nel suo diario scrisse “Ho inventato un nuovo modo di fare Poesie senza parole, una “Lautgedichte” (poesia fonetica), nella quale l’utilizzo delle vocali è pensato e distribuito soltanto secondo il valore dell’inizio della sequenza”. Prima della recita Ball spiegò ai presenti che in questa poesia rinunciava totalmente a quel linguaggio che il giornalismo ha svilito e corrotto, affermando che bisognava tornare all’alchimia più profonda della parola.

Nell’estate del ’17 il Cabaret Voltaire fu chiuso e lo spirito Dada si diffuse per il mondo. Tristan Tzara lo portò a Parigi, Richard Huelsenbeck a Berlino, aprendo così nelle maggiori capitali europee ed in America, la strada al Dada.

Hans Richter nel ’17 ritornò a Berlino e dopo una breve esperienza espressionista, con ritratti visionari, intraprese i primi esperimenti astratti. Nel 1918 conobbe il pittore svedese Viking Eggeling, con il quale iniziò un sodalizio artistico che durò due anni.

Assieme studiarono le teorie del contrappunto di Ferruccio Busoni che svilupparono su lunghi rotoli di carta con forme astratte in continua evoluzione.

Nacque così Prélude, un’opera basata sul principio di continuità di un motivo formale sviluppato su una lunga striscia di carta.

Nel ’17 a Berlino, nonostante la guerra, fu allestita la “Große Berliner Kunstausstellung” con la partecipazione di artisti della “Berliner Secession” e della “Freien Secession”, così come a Monaco ove fu allestita una grande mostra d’arte nel “Glaspalast”, ma già nel mese di novembre in molte città della Germania, vi furono violente manifestazioni di piazza.

Per la Germania la guerra era ormai persa ed il 3 ottobre del ’18, il cancelliere e gran duca ereditario Maximilian von Baden, concluse le operazioni sul fronte di guerra, e dette inizio ai negoziati per la firma dell’armistizio.

La situazione non era però calma, anzi le manifestazioni di protesta gli scioperi erano all’ordine del giorno. Molti artisti parteciparono attivamente alla lotta di piazza ed aderirono ai partiti, in modo particolare a quello comunista. Hans Richter invece attuò una rivoluzione nel campo delle arti, e nel ’17, dopo un breve periodo espressionista nel quale realizzò alcuni ritratti visionari, intraprese le prime sperimentazioni astratte. Così come nelle poesie di Hugo Ball le parole erano state sostituite da suoni, nella pittura di Richter la rappresentazione figurativa fu sostituita da casuali segni e colori.

Richter e Eggeling, per poter continuare a lavorare, s’allontanarono da Berlino ove il malcontento sfociò nella “Lega di Spartaco” (Spartakusbund), con riferimento al celebre gladiatore che capeggiò la rivolta degli schiavi a Roma. Una associazione composta da esponenti del partito social-democratico (SPD) e del partito socialista indipendente (USPD) che si opponeva alla guerra. Fautori e principali esponenti di questo movimento furono Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.

Le sperimentazioni di Richter ed Eggelin portarono alla realizzazione di “Prélude”, un’opera basata sul principio di continuità di un motivo formale sviluppato su una lunga striscia di carta. Richter si avvicinò poi al neoplasticismo e conobbe Doesburg, al quale chiese di collaborare alla rivista “G”, da lui fondata.

Nel ’20 entrò a far parte del “November Grouppe” di Berlino ed a collaborare con il periodico olandese “De Stijl”. La sua pittura ora si limita a semplici quadrati e rettangoli disposti su lunghi rotoli di carta. Dai rotoli, nel ’21, approdò al cinema e realizzò il suo primo film astratto “Ritmo 21”, poco dopo seguito da altri.

Dal 1923 al 1926 Richter diresse, assieme a Mies van der Rohe e Werner Graeff, la rivista “G”, e realizzò documentari, film pubblicitari e sperimentali, senza interrompere l’attività pittorica.

Il prevalente interesse per la forma s’era spostato verso il movimento, cioè verso la quarta dimensione: il tempo. La difficoltà di rappresentare lo scorrere del tempo e pertanto il movimento delle persone e delle cose, su di una superficie piana, fu da Richter risolta con l’uso della macchina cinematografica. Il pittore era diventato un cineasta.

La prima proiezione di “Ritmo 21”, a Berlino, suscitò una grande polemica e molto scalpore, poiché fu proiettato dopo “Entr’acte” di René Clair e Picabia e “Ballet mécanique” di Fernand Léger. Il primo presentava un cammello che guidava un funerale rallentando e accelerando l’andatura, il secondo il ballo di una bambola ed il terzo, quello di Richter, solo quadrati e rettangoli. Il pubblico s’infuriò talmente che picchiò il pianista che accompagnava i films.

Con l’avvento del nazionalsocialismo Richter dovette cercare rifugio negli Stati Uniti, dove fu nominato direttore del Film Institute al City College di New York, ed iniziò l’attività d’insegnamento che durò quindici anni. Nel frattempo entra a far parte del gruppo degli American Abstract Artists. Nel 1957 realizzò il film “Dadascope”, con poesie e prose recitate da Hans Arp, Marcel Duchamp, Raoul Hausmann, Richard Huelsenbeck e Kurt Schwitters.

Hans Richter morì a Locarno il 1 febbraio del 1976.

Il dadaista Hans Richter e il linguaggio del cinema astratto – di Roberto Codroico

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