Lingua e linguaggio anche se possono sembrare sinonimi in realtà non lo sono perché il linguaggio può essere verbale, gestuale, ad esempio comprende anche la scrittura pittografica, la lingua invece è la forma vera e propria di un sistema di comunicazione, con una sua grammatica e una sua letteratura.

C’è un linguaggio di genere maschile e un linguaggio tipicamente di sesso femminile specie nei tempi antichi per la diversità dei ruoli tra uomo e donna.

In certe civiltà i linguaggi erano prevalentemente al maschile, ma le donne, specie nel contesto cinese, dove la donna sposata era trattata alla stregua di una schiava, per comunicare tra loro, usavano un alfabeto speciale incomprensibile agli uomini. Questo per circa un millennio.

In tempi recenti, all’epoca del femminismo democratico, le donne, specie quelle germaniche, per una maggior democratizzazione, danno una specie di caccia alle streghe a tutto quanto odori di maschio nella loro lingua, rischiando di fare della lingua “al femminile” una specie di slang.

In Italia non assistiamo a un vero e proprio linguaggio al femminile, ma si verifica un altro fenomeno che riguarda la dizione al femminile di professioni finora prettamente maschili, per cui sentiamo parole come ministra o sindaca e altri. A parer mio perché allora esistono qualifiche come autista o pilota con desinenza di genere femminile e non si dice piloto o autisto se maschi, lasciando pilota e autista se queste professioni sono esercitate da femmine? I nomi che indicano professioni dovrebbero essere neutri, specie ora con la massiccia introduzione di termini inglesi, lingua che predilige il neutro (vedi l’articolo sempre “the”). Non si è già verificato anche l’appiattimento dei verbi in analogia alla lingua inglese?

Se da una parte si è cercato di femminilizzare la lingua, dall’altra c’è un linguaggio (quanto meno fino a qualche anni fa), relativo alla telecomunicazione e all’informatica in genere, quasi sempre di sesso maschile.

Un altro fenomeno è la lingua che cambia per l’uso di un mix di lingue. Ciò accade nei dialoghi tra persone provenienti da continenti diversi: da noi in questi casi la lingua veicolare è l’italiano, ma un italiano tutto particolare che diventa un linguaggio specifico a seconda dell’incontro di lingue madri diverse.

Discorso simile può essere applicato quando sui mezzi pubblici assisti a un colloquio tra la madre, proveniente da un paese lontano dal nostro, e il figlio che frequenta una scuola italiana, questi risponde in italiano ma in un italiano che possa essere compreso anche dalla madre d’origine araba, piuttosto che Indiana, per cui diventa un linguaggio tutto particolare.

Successe così quando i nostri connazionali emigrarono in America piuttosto che in Australia, nel senso che a una domanda posta magari in dialetto siciliano veniva una risposta in inglese o viceversa con una mescolanza di idiomi tra genitori e figli tali da far nascere un nuovo linguaggio.

Linguaggio: battaglia di sesso e di uguaglianza – Di Maria Luisa Corti Crippa

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