L’Italia è un Paese imperfetto e con vari problemi, come del resto lo sono tutti; ma, nell’attesa di risolverli fattivamente, abbiamo la possibilità di poter assumere un atteggiamento positivo grazie a molte semplici cose, fra le quali le nostre belle tradizioni, come per esempio il buon cibo, oppure l’arte e le bellezze paesaggistiche, che hanno pochi pari in tutto il mondo.
Fra le regioni italiane, prendo ad esempio la Sardegna, che è una di quelle che ha più da offrire al turista anche fuori dalla stagione estiva, sebbene abbia il difetto (e pregio per chi è in cerca di pace) di essere poco popolata, per cui molto spesso è necessario un mezzo proprio per raggiungere la gran parte dei luoghi più belli, i quali non sono ancora raggiungibili coi bus e tantomeno coi treni. Le difficoltà principali in questi periodi sono i collegamenti col resto d’Italia, che con alcune regioni sono scarsi, ma nei periodi meno caldi l’isola è davvero bellissima ugualmente, e costa molto meno. Niente di più sbagliato è pensare alla Sardegna solo per le sue magnifiche spiagge; di ciò se ne rese bene conto, fra molti altri “forestieri”, il grande cantautore Fabrizio De André, che amava molto l’entroterra e le sue tradizioni, e fortunatamente sempre più persone se ne stanno accorgendo, anche grazie alle nuove rivalutazioni di reperti archeologici di incredibile valore storico come gli ormai famosi “giganti di Mont’e Prama”, antichissime sculture scoperte molti decenni fa nei pressi di Cabras, ma rivalutate soltanto più recentemente. Infatti, in tutta l’isola vi è un immenso tesoro da scoprire.
Addentrandoci nel medioevo, la presenza di architetture (ma anche varie sculture e pitture) è disseminata su tutto il territorio: chiese e castelli diroccati appaiono sovente in paesaggi brulli con pochi edifici attorno, creando paesaggi magici di incredibile bellezza. Gli esempi sono moltissimi, alcuni nel mezzo delle città e dei paesi e altri nelle campagne più solitarie: fra i castelli più interessanti meritano una menzione almeno quelli di Cagliari (Castel di Castro, imponente fortificazione sulla cima di uno sperone roccioso in mezzo alla città, la cui costruzione iniziò nei primi decenni del XIII secolo per concludersi sostanzialmente nei primi anni del XIV secolo, e Castel San Michele, del XIII-XIV secolo), di Bosa (il Castello dei Malaspina, XII-XIV secolo), di Acquafredda (XIII secolo, abitato anche dal conte Ugolino della Gherardesca), di Burgos (XII-XIII secolo). Non ultimo, quello di Posada (XIII secolo, vicino Olbia), sede di un leggendario assedio dei pirati saraceni e, fra le altre cose, una delle dimore del giudice di Gallura Nino Visconti (1265 circa – 1296), il “Nin gentil” pisano del Purgatorio di Dante (“giudice Nin gentil, quanto mi piacque quando ti vidi non esser tra i rei! […]”, cfr. Purgatorio, canto VIII, vv. 43-84).
Per quanto riguarda le chiese del periodo romanico, la gran parte di esse sono fra le più belle della Sardegna, spesso tipicamente massicce e per questo motivo, seppur la maggioranza di esse non abbia misure in realtà molto grandi, di una certa imponenza, ma anche molto eleganti nella loro semplicità di forme. Va citata fra le prime la Santissima Trinità di Saccargia (ante 1116 – seconda metà XII secolo), che merita certamente una visita, sia per ammirare la sua architettura, sia per i suoi affreschi del XII secolo, fra i più importanti della Sardegna, ma potrei menzionare un’infinità di esempi di grande bellezza. Senza avere la pretesa di fare un elenco, ma soltanto un semplice cenno iniziale utile a far capire la reale importanza delle architetture sarde medievali (invito a una facile ricerca sui libri o su internet per vederle e studiarle meglio prima di vederle di persona), chiese particolarmente interessanti sono per esempio San Pietro di Sorres (a Borutta, vicino Sassari, seconda metà XI secolo-XII secolo), con bicromia di calcari e trachite; la splendida San Gavino di Porto Torres, rara chiesa bi-absidata con un’interessante cripta (del 1065 – ante 1111); San Nicola di Ottana (ante 1160) e San Pietro di Galtellì in provincia di Nuoro, quest’ultima con affreschi molto interessanti databili fra la fine del XII secolo e i primi anni del XIII secolo, in un suggestivo paese che è il luogo dove si svolgono le vicende dello straordinario romanzo di Grazia Deledda “Canne al vento”, e nei cui pressi sorge un castello diroccato sul quale aleggiano leggende di fantasmi. Vanno ad esse aggiunte almeno San Pietro extra muros di Bosa (XI-fine XIII secolo) e un po’ più a sud San Giovanni del Sinis, piccola ma suggestiva (XI secolo), nei pressi Cabras e dello stupendo sito archeologico di Tharros; San Pantaleo di Dolianova (seconda metà del XII secolo – fine XIII secolo), dalla bellissima facciata e campanile, Santa Maria di Tratalias (1213-1282), entrambe in provincia di Cagliari, e la Chiesa di San Saturno nel centro di Cagliari, molto antica (1089-1119); inoltre, Santa Chiara di Villa Ecclesie (1284-1288), in centro storico a Iglesias; Santa Giusta, Santa Maria di Bonarcado, San Pietro di Zuri, in provincia di Oristano (XII secolo e l’ultima del XIII – inizio XIV secolo); Santa Maria del Regno ad Ardara (seconda metà XI – inizio XII secolo) e non lontana Sant’Antioco di Bisarcio (ante 1090 – ante 1174), dal campanile diroccato, che appare maestosa nella campagna vicino Ozieri. Infine, fra altri innumerevoli esempi, per la loro bellezza e importanza storica meritano una menzione particolare la Cattedrale di Cagliari (Santa Maria di Castello, con patrona Santa Cecilia, seconda metà del XIII secolo-1320 circa), e quella di Sassari (San Nicola, fondata nella seconda metà del XIII secolo), entrambe rimaneggiate in tempi più recenti. Quella di Cagliari è particolarmente interessante perché, oltre ad essere nella città antica che sovrasta la pianura e il litorale, conserva al suo interno uno dei più pregevoli complessi scultorei del XII secolo di tutta Italia, di un artista assai importante per il medioevo (che personalmente ho anche potuto studiare approfonditamente prima all’Università e poi in alcune pubblicazioni): il pergamo di maestro Guglielmo, oggi diviso in due amboni in controfacciata e in altri pezzi collocati altrove (come i leoni alla base delle murature del presbiterio), il quale fu il pulpito della Cattedrale di Pisa durante gli anni del suo splendore, dal 1162 stil pisano (anno di conclusione dei lavori iniziati nel 1159), fino agli inizi del XIV secolo, quando fu sostituito da quello di Giovanni Pisano. Quest’opera ha una storia davvero complessa e di grande significato, ma basterà indicare qui il fatto che fu trasportato in Sardegna, caso davvero insolito pensando alle sue grandi dimensioni, per motivi ovviamente religiosi ma anche profondamente politici, in un periodo di preparazione alla guerra contro gli aragonesi per il dominio della città di Cagliari (all’epoca, Castello di Castro) e di battaglie guelfo-ghibelline, nel quale la città di Pisa era stata scelta dall’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo come sede privilegiata dei ghibellini in Italia.
L’ultima chiesa di cui farò menzione in questo articolo è nel centro di Olbia. Ricollegandomi in parte a una considerazione fatta all’inizio di questo articolo, il motivo per cui descriverò la chiesa di San Simplicio è il fatto che, a differenza di molti dei luoghi elencati finora, chiunque può raggiungerla molto facilmente anche senza auto, perché vi fa scalo uno degli aeroporti più importanti della Sardegna.
Chi visita Olbia non si aspetti la città sarda con più edifici o opere d’arte grandiose, ma ha una grande storia nel suo passato, molto più di quanto si pensi, essendo stata la capitale dell’antico Giudicato di Gallura (uno dei quattro giudicati sardi) col nome di Civita, poi mutato in Terranova per molti secoli, fino all’attuale Olbia. Essa segue purtroppo i destini di molte altre città sarde, eccetto Cagliari e Sassari che hanno un maggiore turismo interno, e Alghero che rispetto ad altri luoghi in Sardegna ha una storia più lunga come cittadina di villeggiatura. I turisti in genere sono di passaggio, in cerca delle spiagge, e meno di quanti dovrebbero si fermano a vedere le sue ricchezze. Va detto anche che questa città del nord-est, a differenza di altre dell’isola, ha subìto profonde distruzioni (una fu quella dei Vandali nel V secolo, ed altre nei tempi più recenti), e dunque le presenze antiche sono per la maggioranza dei casi ancora nascoste sottoterra. Oggi Olbia è una città moderna con alcune belle strade e locali, e apparentemente preserva poco del suo passato; ma essendo di antica fondazione e nel mezzo del mediterraneo, fu nelle varie epoche uno scalo molto importante, tanto che secondo fonti di età classica sembra sia stata fondata dai Greci (la tradizione collega infatti la Sardegna ai leggendari figli di Ercole e a Iolao, suo nipote), ma sicuramente nei secoli antichi fu abitata dai Fenici, dai Cartaginesi e dai Romani che lasciarono le loro tracce e fecero pian piano crescere questa città. Oggi nel centro storico meritano una menzione i frammenti di mura puniche e la Chiesa di San Paolo, che sorge su un antico tempio fondato dai cartaginesi e poi riutilizzato in epoca romana; ma soprattutto va segnalato il ricco museo archeologico, con molti interessanti reperti, fra i quali vanno in particolar modo menzionate le navi romane ricostruite al piano terra, alcuni bronzetti e frammenti di statue particolarmente interessanti (come quella di Ercole), e una curiosissima e antichissima ruota dentata in ottone difficile da notare, che non molti conoscono, ma che è potenzialmente importantissima perché, a detta di alcuni archeologi, è l’unico oggetto confrontabile col meccanismo di Antikythera, e potrebbe essere addirittura l’unico frammento rimasto del Planetario di Archimede di Siracusa, ovvero il solo oggetto riferibile ad Archimede stesso.
L’esempio più illustre di questa città, per quanto riguarda il medioevo, è certamente la Basilica di San Simplicio (Basilica minore dal 1993), la più importante chiesa della Gallura, di cui descriverò brevemente gli aspetti architettonici più interessanti, senza addentrarmi nei tecnicismi. Oggi San Simplicio (figg. 1-2) è fronteggiata da una bella piazza molto suggestiva, con tanto di scalinate, e affiancata a un museo che conduce nei sotterranei dove si trova una necropoli romana e quel che resta di varie stratificazioni di epoche diverse.
Questa basilica, infatti, sorge secondo alcune cronache antiche nel luogo di un tempio pagano dedicato alla dea Cerere, divinità della terra, anche se il fatto certo è che in questa zona vi era un’ampia necropoli. Essa è dedicata a Simplicius, il santo protettore della Gallura, secondo la tradizione agiografica un vescovo (o presbitero, non avendo una documentazione chiara) martirizzato nel 304 sotto Diocleziano. Lo vediamo in un raro affresco del XII secolo dietro l’altare, molto prezioso ma purtroppo estremamente consunto, assieme a San Vittore, ovvero i due primi titolari della diocesi.
La chiesa attuale di San Simplicio appare come una struttura romanica riferibile alla fine dell’XI-inizio del XII secolo ma si sono succedute molte fasi di costruzione. Essa fu ultimata fra la seconda metà del XII secolo e il primo XIII secolo con l’apertura della trifora in facciata dalle colonne in marmo. Eccezion fatta per il campanile di gusto settecentesco, è una tipica struttura del XII secolo realizzata da maestranze probabilmente lombarde e toscane, meglio conservata e di forma più regolare rispetto ad altri esempi coevi, e molto elegante nella sua semplicità tipicamente romanica. In facciata osserviamo, attorno al portale centrale architravato con un arco di scarico a sesto rialzato, due lesene innalzate su plinti dadiformi, e la citata trifora, sopra alla quale vediamo le tipiche decorazioni di gusto “pisano” con bacini ceramici, di cui quattro di essi sono disposti a croce. Interessanti sono i due bassorilievi marmorei incassati nelle lesene: quello di sinistra raffigura un cavaliere, mentre quello di destra rappresenta un Sole, che forse in origine doveva contenere delle incrostazioni di mastice o di marmo colorate, come in molti altri casi oggi perdute. Sempre all’esterno, osserviamo una modifica in corso di costruzione, dovuta ad un antico cedimento strutturale, che portò all’abbandono temporaneo del granito per realizzare un paramento in laterizi e poi alla ripresa dello stesso granito per culminare la navata centrale. Una doppia fila di archetti pensili in granito e laterizio decorano i lati dell’edificio: quelli in granito sono presenti anche nell’abside, e poggiano su peducci di differenti forme, taluni consunti dal tempo, fra i quali ne segnalo uno cruciforme sul lato destro.
L’interno è molto suggestivo: un’aula austera a tre navate, illuminata da piccole finestre laterali e dalla luce che scaturisce dietro al Crocifisso dell’abside e anche da quella più forte che proviene dalla trifora in facciata. Le navate laterali sono sorrette da alcuni pilastri che si alternano a colonne con capitelli in granito, una delle quali con angoli smussati di tipologia proto-lombarda, e altre con interessanti volti zoomorfi e antropomorfi (volti umani e di ariete). Le navate laterali hanno copertura a botte, mentre quella centrale a capriate. La zona più interessante è quella dell’abside, dove ai fianchi del Crocifisso ligneo, sovrastato da un suggestivo baldacchino, osserviamo i citati affreschi, molto interessanti e rari ma purtroppo oggi poco visibili tanto sono consunti, e al centro l’altare sotto al quale vi è un busto policromo. Quest’ultimo è il cuore della basilica olbiense e della Gallura cristiana, essendo un busto di epoca manierista databile nel XVII secolo, con una cassa al cui interno sono conservate le reliquie di San Simplicio, ritrovate nel 1614 durante alcuni scavi nella piccola cripta posta sotto l’altare maggiore, nella quale furono rinvenute anche le reliquie di altri santi.
La Basilica di San Simplicio è uno dei principali luoghi di culto della Sardegna, e anche dal punto di vista storico-artistico è una delle più significative dell’isola. Per chi ama il medioevo è un piccolo gioiello di semplicità strutturale ed eleganza che appare oggi avulso dal contesto, ma giustamente ben valorizzato, soprattutto grazie ai lavori degli ultimi anni, con la bellissima piazza e coi giardini che la circondano verso il lato della facciata. Questo luogo appare, nella movimentata città di Olbia, caotica nei mesi estivi, un’”isola” nella città, in quanto (eccezion fatta per i giorni festivi e durante le cerimonie più importanti), molto spesso vi si trovano poche persone, essendo leggermente discosto dalle vie principali del centro storico. Per chi vi si reca durante la stagione estiva sembra infatti di trovarsi per un attimo lontano dal traffico assordante delle auto e della gente, in un luogo di meditazione ma anche profondamente intriso di passato, che riporta ai tempi lontani in cui questa città aveva altri nomi.