Consentimi di ringraziarti innanzitutto per la tua disponibilità nel ripercorrere in poche righe una parte di storia che abbraccia oltre 40 anni e che ha avuto un peso non indifferente nella tua vita nonché sul panorama della resocontazione in Italia.
Un ringraziamento particolare anche a Umbertina Valdambrini, tua mamma, per i riferimenti temporali e la ricostruzione di alcuni eventi, Sergio Della Rosa, tuo fratello, per la documentazione fotografica e Fabio Fanti, per aver riportato momenti cruciali quali l’inizio societario, il lavoro nell’ambito della giustizia e in Rai.
Parliamo dunque del metodo di stenografia meccanica Melani e del suo ideatore, tuo padre, Marcello Melani.
01. CENNI BIOGRAFICI
Partiamo dalla figura del Professor Marcello Melani facendo un piccolo excursus biografico.
Mio padre nasce a Castelfranco di Sotto (PISA) il 22 novembre del 1928.
Dal 1938 al 1948 mio padre vive con la sua famiglia di origine ad Asmara (Eritrea), all’epoca colonia italiana. Studia il liceo classico e coltiva una particolare predisposizione per la litografia, il giornalismo sportivo e la fotografia.
Una volta tornato in Italia lavora come litografo per alcuni giornali locali e una volta a Firenze fonda con suo fratello Paolo una litografia in proprio, allo stesso tempo impara la stenografia a mano e la dattilografia all’Istituto IDI (oggi accademia Aliprandi), dove ha insegnato anche per un breve periodo. Mia madre è stata una sua allieva, li si sono conosciuti.
Se devo dire tutto quello che è stato e ha fatto mio padre non mi basterebbe una giornata.
Era fotografo, litografo, giornalista, pittore e scrittore. Negli anni ’80-90 è stato professore di ruolo in alcuni istituti professionali e tecnici di Firenze e Firenzuola, insegnando stenografia a mano.
Possiamo dire che la Stenotype era la sua grande “figlia”, e il metodo pure, però si dedicava anche al giornalismo, scriveva articoli in alcune riviste del settore ed era direttore del “MAI TACLÍ”, un giornalino bimestrale che raccoglieva ricordi ed eventi di tutti i profughi italiani che erano dovuti rientrare in Italia da Asmara.
Mio padre era un personaggio molto amato in quell’ambito ed ogni anno organizzava il raduno degli Asmarini in una località italiana. Accorrevano a questo evento persone di tutto il mondo (italiani che da Asmara erano andati a vivere all’estero. Siamo arrivati in certe occasioni a radunare quasi 800 persone).
02. NASCITA DEL METODO
Come nasce il metodo? In che momento inizia a prendere forma? Quanto tempo impiega il Professor Melani per metterlo a punto?
Il metodo nasce nella decade dei ’70, non c’è una data specifica.
Negli anni ’70, patito di Perry Mason, aveva adocchiato negli episodi di quella serie televisiva le macchinette americane per “stenografare” che si usavano nei tribunali per resocontare i processi, e disse proprio: “Queste macchinette cosa sono?”, e si è cominciato a informare. Come? A quei tempi non c’era mica Internet.
Alzò la cornetta del telefono e chiamò un suo amico asmarino, Luigi Ramponi, a quell’epoca Generale distaccato negli Stati Uniti, e gli chiese di prendere informazioni. Contattò la Stenograph, e si fece spedire il manuale inglese della stenotipia a macchina e lo fece tradurre da una sua amica asmarina.
Da quel manuale ingegnosamente cambiò le lettere della tastiera adattandole alla lingua italiana, creando il metodo di stenotipia Melani.
Nel 1979 vola a Chicago e con l’aiuto del Generale Luigi Ramponi e visita la Stenograph per consolidare quello che fu un matrimonio che è durato più di 40 anni. Nel 1979 le basi del metodo erano già terminate. Quello che si è evoluto è stato il VAP e la parte informatica, cioè la computerizzazione del metodo (scheda elettronica ecc.).
In Italia alla fine degli anni ’80 c’erano tre sistemi di stenotipia: il metodo del Prof. Michela, quello del Prof. Melani e quello del Prof. Gornati. Il metodo Michela, con l’omonima macchina, è stato ed è ancora utilizzato quasi esclusivamente presso il Senato. Il metodo Melani con le macchine Stenotype ha avuto una buona diffusione in tutta Italia, mentre il metodo Gornati è stato applicato alle macchine della Tecnost Mael del gruppo Olivetti.
Quest’ultimo, nonostante la grande pressione commerciale della Olivetti, specialmente presso le pubbliche amministrazioni ed in particolare presso il Ministero di Grazia e Giustizia, è stato un fallimento. Possiamo dire che abbia arrecato danno alla stenotipia in generale, perché ovunque sia stato applicato ha lasciato utenti scontenti e delusi, che dicevano: “La stenotipia in Italia non funziona”, e non che: “La Mael non funziona”.
Il processo di realizzazione del metodo in sé è stato relativamente rapido direi, tutto il resto nell’arco di anni. Come è noto l’informatica è un campo in continua evoluzione.
Nel mondo anglosassone le macchine di stenotipia sono state utilizzate già alla fine dell’800 mediante la stampa dei segni stenotipici su una striscia di carta poi dettati ad un dattilografo.
La stenotipia computerizzata, che eliminava il passaggio della fase di conversione della striscia di carta con segni stenografici in testo leggibile, è stata però inventata per la lingua italiana dal mio babbo prima che ci riuscissero gli americani per la lingua inglese. Questo perché l’inglese è una lingua fonetica, si scrive in un modo e si pronuncia in un altro, mentre l’italiano si pronuncia come si scrive.
Fabio Fanti si ricorda ancora molto bene quando James DeVries, Presidente della Stenograph, rimase colpito da quanto fosse avanzato il metodo sviluppato da mio padre. In particolare quando a puro titolo dimostrativo fu collegata una stampante alla macchinetta, stampando direttamente quanto veniva scritto senza passare per il PC, cosa che non era per loro ancora possibile.
Mio padre era un visionario, lui già vedeva le macchinette della Stenotype con il suo metodo nei tribunali italiani e così fu, quando nel 1989 il Codice di Procedura Penale fu aggiornato, prevedendo questa forma di resocontazione nei processi. Sapeva benissimo dove voleva arrivare, quasi nessuno in famiglia gli dava molto credito, ma ci ha stupiti tutti.
03. PRIMI PASSI
Quand’è che il metodo, ormai in fase di ultimazione, esce dal laboratorio del Professor Melani e inizia ad essere diffuso e condiviso? Come è stata gestita la formazione di stenotipisti?
Nel 1979 inizia la collaborazione con la Stenograph. Negli anni 80 inizia la diffusione, ma fu solo negli anni ’90 che prese veramente piede.
Al di fuori di me, che già nel 1984 a 14 anni conoscevo il metodo, sempre in quegli anni Simonetta Cosi fu la prima stenotipista del Metodo Melani.
Lei fu la prima a cui mio padre insegnò il metodo, oltre tutto lei suonava anche il pianoforte, quindi aveva una certa agilità nelle mani. Ricordo che veniva a casa ad allenarsi.
Per la diffusione ha partecipato a congressi, dimostrazioni, viaggiava per tutta Italia mostrando il metodo alle scuole professionali (molte lo hanno adottato al posto della stenografia a mano), prima con Simonetta Cosi che ha vinto alcuni concorsi, poi con Silvia Cammilli che ha lavorato per la Stenotype Italia per molto tempo, i primi tempi lavorava a casa nostra.
A volte ho partecipato alle sue lezioni di stenografia manuale nelle scuole, mi portava in classe. Notavo che era molto bravo, lui aveva proprio la capacità dell’insegnamento molto radicata, era allegro, era un uomo allegro. Fischiava, entrava in classe fischiettando.
Sono nata nel 1970. Ero bambina, avevo 7-8 anni quando mi portava in classe. Poi è andato in pensione dalla scuola pubblica nel 1993.
All’inizio insegnò a me, quando vide che io, a 14 anni, in sei mesi avevo già capito come funzionava il metodo, ha detto: “Cosa facile, sicuro”.
Quando ho imparato il metodo a 14 anni, nel 1984-85, erano tempi di espansione.
Spedivamo tanta di quella carta alle scuole e verso la fine degli anni ’80 mi addestrava anche per mandarmi in giro a insegnare ed aprire le porte all’insegnamento ad altre persone.
Ho impartito molti corsi in Toscana. Non entravo negli istituti professionali, andavo sempre per parte della ditta come insegnante, quindi come esterna, nei centri di formazione professionale provinciali.
Sono andata nella provincia di Pistoia, sono andata a Lucca, a Firenze, ad Agrigento, a Perugia e alcuni corsi in scuole private. Poi c’era anche il corso di autoapprendimento, quindi stavo dietro alle persone che avevano bisogno.
Sono stata una delle insegnanti più giovani. Ho sempre insegnato. Ci sono dei falsi miti intorno a me, che dicevano che ero la stenotipista più veloce al mondo. Mai stata stenotipista di professione, mai. Ero una brava maestra, sì, perché avevo le doti di mio padre, anche tuttora insegno.
Il materiale didattico per la formazione si è sviluppato quando terminò la stesura del metodo, si sviluppò di pari passo con la crescita della Stenotype negli anni ‘80. Lui si chiudeva nella stanza e registrava.
Anche io partecipai, c’è stata una prima stesura e poi ovviamente passammo tutto in digitale e molto lavoro lo abbiamo dovuto registrare di nuovo. Ricordo di avere registrato alcune lezioni, lui spiegava e io dettavo le parole, le sillabe, le sigle, le frasi. I dettati di velocità li registrava lui.
L’accoglienza nel mondo della resocontazione con la stenotipia è stata all’inizio con una certa diffidenza, poi con accettazione. Il metodo era una bomba.
04. LA STENOTYPE ITALIA
Il 14 settembre 1979 nasce la Stenotype Italia come società S.r.l. Il primo socio di mio padre fu il Generale Luigi Ramponi, poi Ramponi cedette le quote a Francesco Molè, un tecnico che collaborò con mio padre alla computerizzazione del metodo.
In previsione dell’introduzione del Nuovo Processo di Procedura Penale, mio padre sentì il bisogno di ampliare la compagine societaria a nuovi soggetti introdotti nella Pubblica Amministrazione. Così furono cedute a Fabio Fanti e Gian Paolo Di Raimondo il 45% delle quote già in possesso di Francesco Molè, che aveva deciso di uscire dall’azienda. Successivamente Fanti ha rilevato le quote di Di Raimondo.
Forse mio padre ha iniziato per passione, poi però la passione si è trasformata in una impresa. Non ha MAI sofferto per il lavoro, era la sua vita e godeva nel farlo. È qualcosa che mi ha trasmesso e di cui lo ringrazio e gliene faccio omaggio.
Dal 1979 la collaborazione con la Stenograph negli Stati Uniti è sempre stata abbastanza fluida, grazie anche alla successiva partecipazione di Fabio Fanti nelle trattative. In quell’anno viaggiò con mia mamma a Chicago, nell’Illinois, dove c’è la sede della Stenograph, per vedere appunto di trasferire il metodo sulla tastiera americana, cioè di usare quella tastiera anche per le lingue ortografiche.
Iniziarono ad arrivare le prime macchine dagli Stati Uniti, sono arrivate a casa. Quando poi ci fu il boom, in casa non c’era più posto e tra il 1990 e il 1991 mio padre affittò un ufficio con magazzino perché in casa non era più fattibile.
Sono entrata nella Stenotype che avevo 21 anni. Ho fatto i primi anni ovviamente di pura gavetta, perché il mio babbo era uno di quelli che non faceva favoritismi. Quindi ho lavorato in magazzino all’inizio. Ero addetta alle spedizioni mi ricordo e all’insegnamento.
Poi ci fu un passo in avanti durante la decada degli anni ‘90, sono cresciuta in azienda, già nel 1998 mi occupavo direttamente delle vendite, pubbliche relazioni, della parte esecutiva e tecnica.
Ci sono state tre sedi. Quella storica è stata quella di Sesto Fiorentino, dove ci siamo insediati per quasi 20 anni.
La sede legale era casa nostra. Poi la prima sede amministrativa fu a Novoli in via Caduti di Cefalonia a due passi da casa, ci si arrivava anche a piedi. Lì ci siamo stati dal 1991 al 1996.
Poi dal 1996 al 2016 siamo stati a Sesto Fiorentino, in uno stabile privato a due piani, molto grande, perché furono gli anni in cui abbiamo lavorato tantissimo e avevamo un magazzino ben equipaggiato. Avevamo un ufficio grande a Sesto. Lì ci siamo stati una ventina di anni. Poi gli ultimi tre-quattro anni siamo stati a Rifredi in via Panciatichi.
A Sesto Fiorentino abbiamo passato anni di molto fermento creativo. Sono stati gli anni in cui si sono verificate tante cose, la RAI con Televideo, lo sviluppo dei metodi in altre lingue (spagnolo, portoghese, greco, russo ed ebraico). Era uno stabile credo di 200 metri quadrati, divisi in due piani, con parcheggi per le macchine, avevamo un’entrata privata.
Sesto è stata la sede storica.
All’inizio il metodo funzionava con il WS Word ed era su MS-DOS.
Poi ci fu il cambio a Windows, ed ho collaborato con Daniele Cellai per creare l’interfaccia a Windows, così nacque il WinSteno.
Mio padre viaggiava moltissimo per tutta Italia, poi dopo un po’ ha cominciato a mandare anche me, verso la fine degli anni ’90. Avevo 25, 26 anni, iniziavo a prendere la macchina, a viaggiare.
Mio padre è mancato nel 2012, 12 aprile. Giusto ieri sono undici anni.
Sono rimasta in azienda fino al 2005, anno in cui sono emigrata in Messico. Ho detto: “Babbo, io andrei in Messico”. “Vai. Non ti preoccupare, se non lo fai a 35 anni, quando lo fai? Te vivi la tua vita, non ti preoccupare. Qui ci arrangeremo”. Mi disse: “Tutti siamo importanti, ma nessuno è indispensabile, compreso me”.
Mio fratello Sergio ha portato avanti l’azienda con lui, entrando al posto mio. Con mio padre e anche dopo senza di lui ha portato avanti l’azienda in maniera egregia, però quello che mancava a me e a mio fratello era la parte creativa, non c’è niente da fare. Dai a Cesare quello che è di Cesare.
Lì la Stenotype si è un po’ spenta, si è spenta la parte dell’ebraico, si è spenta la parte del greco, si è spenta la parte del portoghese. Quelle erano tutte cose che era meglio magari portare avanti. Invece si sono un po’ arenate.
La Stenotype chiude nel 2019.
Il problema più grande per noi è stato l’essere divenuti in qualche modo “RAI dipendenti” con il servizio di sottotitolazione dei telegiornali che svolgevamo a Televideo dal 1999. All’ultima gara c’è stata una società rampante che ha praticato uno sconto del 55%. Detta società doveva essere esclusa per “eccesso di ribasso” come previsto dalla legge sugli appalti, ma la RAI dopo lunghe traversie ha confermato l’appalto e noi abbiamo cessato di produrre sottotitoli in diretta dopo circa 20 anni di onorato servizio.
05. DA ANALOGICO A DIGITALE
La stenotipia agli inizi è puramente meccanica, le tastiere sono provviste di strisce di carta su cui imprimere le note stenografiche che verranno poi tradotte in testo leggibile.
Quando e come avviene il passaggio dalla striscia di carta al computer?
Il passaggio da analogico a digitale è stato rapido, grazie alle collaborazioni esterne con esperti del settore.
Mio padre aveva un rapporto molto buono con la tecnologia, anzi direi che l’amava.
All’inizio il metodo era con le tastiere provviste di nastri di carta. Poi dopo attraverso la Tecnidata di Francesco Molè c’è stato il passaggio alla computerizzazione.
Credo che sia avvenuto a metà degli anni ’80.
La Tecnidata fu la prima azienda che mise in opera la scheda elettronica, portò alla computerizzazione del metodo. Poi subentrò l’azienda di Aldo Sonnini e Danilo Casadio per la realizzazione tecnica delle macchine elettroniche.
In quegli anni lì, fine anni ‘90, iniziò la collaborazione con Daniele Cellai, un informatico programmatore molto bravo, che fece il passaggio al sistema operativo Windows. Prima noi scrivevamo nel sistema MS-DOS.
Ci fu il cambio da MS-DOS a Windows, io credo tra il 1994 e 1995. Quando ci fu quel passaggio, in quel momento lì ovviamente già dovevamo avere un programmatore esperto di Windows che potesse crearci una nuova interfaccia. Da lì è nato il Winsteno. La collaborazione tra me e Daniele fu molto stretta, perché ovviamente io dovevo dargli tutti i dettagli del metodo. Lui si occupò dell’interfaccia di Winsteno e poi di programmare anche la scheda elettronica.
06. L’ENTRATA NEI TRIBUNALI
La stenotipia con metodo Melani è diffusa nella resocontazione giudiziaria, sia tra i trascrittori che verbalizzano in tempo reale il dibattimento, che coloro i quali trascrivono la registrazione dello stesso.
Quando e come entra nei tribunali la stenotipia tramite metodo Melani?
Il primo Tribunale in cui siamo entrati non me lo ricordo davvero. Non ne ho idea.
A Firenze mai entrati, infatti mio padre era allucinato. “Ma come è possibile? Noi siamo di Firenze, non si riesce a entrare a Firenze”. Bruttissima questa cosa. Non gli andava giù davvero. Credo che forse uno dei primi tribunali sia stato a Pisa.
Come già detto il Nuovo Processo di Procedura Penale fu introdotto nel 1989 e prevedeva l’oralità del dibattimento. Scompariva quindi il ruolo del cancelliere e tutto quello che veniva detto in un’aula di Giustizia doveva essere trascritto.
I rapporti con la Stenograph furono intensificati e Fanti andava due o tre volte all’anno a Chicago.
Il Nuovo Processo di Procedura Penale creò un grande fermento nel settore e molte aziende, anche piccolissime, si candidarono a svolgere il servizio presso vari uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale. I fondi erano assegnati dal Ministero alle Corti d’Appello e da queste ai vari uffici periferici che indicevano localmente le gare.
Ciò creò delle situazioni paradossali, Fanti mi raccontava che a Lecce una società vinse la gara praticando un prezzo di 1.000 lire a pagina, e a Venezia 7.000.
Decidemmo quindi di provare a sensibilizzare il Ministero di Grazia e Giustizia sulla necessità di trovare un sistema per garantire livelli qualitativi standard elevati e prezzi uguali su tutto il territorio nazionale.
Fu costituito quindi COSEGI (Consorzio Servizi Giustizia), al quale parteciparono, oltre alla Stenotype, la Mael del gruppo Olivetti Tecnost, La Data Management che distribuiva le macchine Michela, la Olivetti Syntax per la gestione del software e la Philips per i sistemi di videoregistrazione.
L’idea fu molto apprezzata. Fu definito un prezzo per pagina, che non ricordo, ma che fu comunque ritenuto congruo dall’UTE (Ufficio Tecnico Erariale), importante ufficio del Ministero del Tesoro che si occupava di tutto quanto potesse servire alla pubblica amministrazione.
Siamo nel 1992, scoppia tangentopoli e Claudio Martelli, Ministro di Giustizia, non se la sente di firmare un affidamento diretto senza gara, pur non essendo noi coinvolti in alcun modo nelle vicende tangentizie. Si ritorna al vecchio sistema con le gare sparse su tutta Italia.
Diciamo che la decade degli anni ‘90 fu l’esplosione. Noi abbiamo lavorato tantissimo negli anni ‘90, proprio tanto, anche negli anni 2000, fino alla chiusura. Le due decadi ‘90 e 2000 sono state quelle più forti in assoluto. I ’90 per la diffusione del metodo, la formazione di molti stenotipisti in tutto il territorio nazionale e i 2000 per l’entrata a Televideo con il servizio di sottotitolazione.
La visione partita dalla serie televisiva di Perry Mason divenne quindi realtà. Ovviamente hanno iniziato a fare i bandi di concorso. Mi ricordo andavamo in giro, in Emilia, in Toscana, tipo Lucca. I primi erano i tribunali d’Assise e d’Appello più che altro.
Tutta la decade degli anni ‘90 fu un’esplosione totale. Le aziende cominciarono a fare corsi, le scuole si riattivarono perché richiedevano la presenza di certe figure professionali.
Quello che fece mio padre negli anni ‘90 fu creare una figura professionale. Credo che questo sia il suo retaggio in assoluto più riconosciuto. A questo punto si rese ben chiaro a tutti, anche attraverso l’Intersteno, che il metodo Michela non era al pari del Melani. I risultati lo dimostravano.
Nei tribunali sono entrata, anche se non sono mai stata stenotipista, a Prato, una volta a Pistoia, poi mi sembra ci sia stato anche il tribunale di Pisa. Non ricordo quale sia stato il primo.
A volte ci andavo, però più che altro io lavoravo in sede.
07. L’ESPERIENZA RAI
Quando e come nascono e si sviluppano i rapporti con la RAI per il servizio di sottotitolazione in tempo reale?
All’epoca, fine anni ’90, avevamo venduto più di 2000 macchine principalmente a scuole e società di servizi ed il mercato del mondo giudiziario era ormai maturo, tante riparazioni e poche vendite.
Si aprì però un nuovo mercato molto interessante: quello della sottotitolazione delle trasmissioni televisive in diretta e dei convegni. Mentre non ci sono difficoltà a sottotitolare programmi registrati, i sottotitoli delle trasmissioni televisive in diretta (in primis i telegiornali), necessitano della stenotipia.
Approcciammo la RAI tramite un amico di Fanti che lavorava al TG2, un cui collega era appena passato a Televideo. Facemmo veramente tante dimostrazioni con ottimi risultati, però non riuscivamo ad andare avanti.
Nel 1999 il miracolo. I sordi andarono a manifestare sotto Viale Mazzini perché volevano i TG sottotitolati e la RAI era inadempiente al contratto di servizio pubblico che prevedeva un certo numero di ore di trasmissioni sottotitolate in diretta.
Ricordo ancora che eravamo in prossimità del Natale, facemmo una dimostrazione e prima del 31 dicembre ricevemmo un primo contratto di tre mesi, poi rinnovatosi per periodi sempre più lunghi, per 20 anni.
Ricordo andammo alla RAI i primi di dicembre, 9, 10, 11 di dicembre, portavo con me una valigia enorme, pesava non so quanto, c’era tutto lì dentro. Tramite Daniele Cellai dovevamo interfacciare il Winsteno con il programma RAI. In quanto? Due settimane. Due o tre settimane. È stata veramente una corsa ad ostacoli.
Quando abbiamo iniziato il lavoro a Roma, ero presente. La prima volta siamo andati insieme, poi spesso accompagnata da Fanti. Gestivo anche il personale di Roma.
In quegli anni, dal dicembre del 1999 fino a che io non sono venuta a vivere in Messico nel 2005, ho viaggiato moltissimo alla sezione RAI di Televideo.
All’inizio chiamammo Orietta Vitale, Mirella La Rosa e Doriana Serangeli, le quali non erano preparate per le dirette. I primi giorni, le prime settimane non hanno trascritto loro, abbiamo dovuto chiamare persone brave. È per questo che abbiamo chiamato Rita Simonetti a darci una mano, lei era una campionessa. Poi tramite allenamento duro sono diventate bravissime anche loro e le ricordo davvero con molto affetto.
Si aggiunsero anche altre stenotipiste che intanto si formavano per quel tipo di lavoro, molto diverso dal tribunale, lì c’era da galoppare.
08. LE STENOTIPISTE
Riesci a ricordare alcuni nomi di stenotipiste che si sono distinte per la loro bravura?
Hai mai conosciuto stenotipisti uomini?
Si è mai cercato di creare un albo specifico per la figura dello stenotipista?
Simonetta Cosi era una ragazza di Firenze, una decina di anni più grande di me credo. Non ricordo dove mio padre la incontrò.
Lei non è più in attività attualmente, dopo un po’ ci lasciò. Lei è stata una delle stenotipiste più veloci al mondo. Raggiunse 180 parole al minuto. È stata la più veloce in assoluto. Ha vinto anche l’Intersteno.
Simonetta Cosi ha collaborato con mio padre per la rappresentanza, perché era molto veloce, era molto brava, era molto precisa. Mio padre ovviamente la pagava come prestazione e la portava in giro per farsi conoscere.
Poi è subentrata Silvia Cammilli, che ha lavorato moltissimo anche in azienda (all’inizio a casa nostra come prima sede), diciamo si occupava dell’amministrazione, ma era una stenotipista, era molto brava. Si occupava più delle dimostrazioni, non era stenotipista professionista.
Io credo che come ordine di grandezza di stenotipisti in Italia si sia arrivati a un migliaio, però poi quelli che veramente lavoravano seriamente, bravi, che si davano da fare e che avevano un riscontro nel lavoro può darsi che fossero la metà. Non saprei dare un numero preciso.
Mi sarebbe piaciuto anche a me capire quanti ce n’erano di stenotipisti all’epoca. Ne avevamo formati tantissimi, però che seguivano la professione non saprei dirti.
Per esempio la Meeting Service, un’azienda di resocontazione enorme di Padova, all’epoca aveva molti trascrittori. Qui lavorava Francesca Cabiati che dopo la Cosi era sicuramente una campionessa.
Francesca Cabiati a quell’epoca era una delle campionesse, vinse anche un Intersteno, o due anche, perché non faceva un errore, velocissima. Era veramente brava ed era una dipendente della Meeting Service, all’epoca era anche piuttosto giovane, trent’anni avrà avuto.
Ce ne erano diverse, delle punte c’era lei, c’era Rita Simonetti e Antonella Mignogna ambedue di Taranto, bravissime!
Diciamo che nel podio del primo posto c’erano quattro o cinque stenotipiste che erano più o meno allo stesso livello. Non so se queste stenotipiste sono ancora in attività, dovrei chiedere.
Ricordo Orietta Vitale, che è di Torino, Mirella La Rosa e Doriana Serangeli, sono state le prime tre stenotipiste storiche, le prime tre che abbiamo chiamato per andare alla RAI da un giorno all’altro, e sono venute. Devo dire che all’inizio stentavano un po’, poi sono cresciute. Io le misi sotto torchio, le dissi: “Ragazze, qui siamo alla RAI. Dirette”. All’inizio sì, stentarono un po’, però poi sono diventate bravissime.
Rachele Addis è fantastica. Rachele è di Nuoro e il suo babbo aveva una scuola. Suo padre è stato un amico del mio, una delle persone più oneste devo dire tra tutti quelli che hanno adottato il metodo.
Le stenotipiste effettivamente sono sempre state tutte donne. Ci sono professioni forse che sono più femminili? Chissà. I corsi erano sempre aperti a tutti, però io non ho mai avuto un alunno uomo, mai. Anche mio fratello non ha mai imparato. Mio padre ovviamente conosceva il metodo, ma non era stenotipista.
Il mio babbo ci ha provato a far riconoscere la figura dello stenotipista con un suo albo di appartenenza, ma c’era una mafia che a mio padre poi si rizzavano i capelli, si rizzavano i peli sulla nuca, scappava da queste cose.
Ci ha provato, ma non voleva perderci tempo, diciamo la verità, quindi puntò molto di più sulle aziende private e sul fatto che i tribunali davano in appalto le trascrizioni. Figurati, la maggior parte degli impiegati statali fa fatica a fare queste cose o ad aggiornarsi.
09. LA LINGUA SPAGNOLA
Il metodo stenografico computerizzato in lingua spagnola porta anch’esso il nome di “metodo Melani”.
In che contesto nasce l’idea di sviluppare un metodo anche per la lingua spagnola?
Il mio babbo non era bilingue. Ha conosciuto lo spagnolo attraverso mio cugino credo. Suo nipote ha conosciuto una ragazza argentina, che faceva parte di una comunità religiosa e che aveva appunto bisogno di lavoro.
Lei si chiama Elisabeth Cicoria, attualmente vive in Argentina. Lei aveva babbo italiano, e mamma argentina.
Elisabeth ha vissuto molto tempo in Italia, sapeva benissimo l’italiano, madrelingua spagnola, quindi è stata la persona con la quale mio padre ha sviluppato il metodo spagnolo.
Anni? Dalla metà degli anni ’90.
Per divulgarlo è andato in Argentina, è andato in Colombia, è venuto qui in Messico. Ha attecchito di più in Spagna e in Argentina.
Ricordo la seconda parte degli anni ‘90 viaggiò parecchio in Argentina e poi ci fu una parte di vissuto personale. Mio padre conobbe Laura Valor, una signora di origine italiana che lavorava al Parlamento come resocontista. Parlava perfettamente italiano. Nel 1999 si separa da mia mamma e nel 2002 ha sposato Laura Valor.
Per sapere qualcosa sul metodo spagnolo bisogna chiedere a lei, perché io non mi occupavo di questo.
Il destino poi ha voluto che venissi a vivere in Messico, imparassi perfettamente lo spagnolo e oltre tutto ho imparato anche il metodo in spagnolo, un pochino, per aiutare mio padre fino a che poi non è deceduto.
La creazione del metodo non è stata difficile, a volte complicata, ma non tanto difficile, perché comunque lo spagnolo è una lingua ortografica, come la si pronuncia la si scrive.
Elisabeth è diventata stenotipista. Non mi ricordo quando è tornata a vivere a Buenos Aires, credo i primi anni 2000. Lei lì ha lavorato come stenotipista, facendo resocontazioni e anche sottotitolazioni.
Adesso il figlio di Laura Valor, Ezechiele, è diventato bravissimo. Ecco, vedi? Mi è venuto in mente. Un uomo stenotipista bravissimo, Ezechiele. Lui è argentino, con la lingua spagnola è bravissimo, a livelli della Cabiati.
Credo sia uno dei più bravi, anche perché altri non ne conosco. Lui lavora con il metodo come stenotipista per un’azienda americana, californiana mi sembra, di sottotitolazione. In California, Miami, nel sud degli Stati Uniti ci sono tantissime persone che parlano lo spagnolo, per cui c’è bisogno della sottotitolazione in spagnolo. Questa azienda gode di molti appalti con le reti private della California, Texas, Miami. Lui ha un sacco di lavoro ed è bravissimo.
10. IL RAPPORTO CON IL LAVORO
Il Professor Melani era soddisfatto del proprio operato?
Come si rapportava con il lavoro?
Con mio padre non abbiamo mai avuto un momento in cui ci siamo fermati a guardare tutto quello che era stato realizzato.
A mio padre l’unico passato che gli piaceva era quello che aveva vissuto in Africa, basta. Lui era direttore anche di un bimestrale, perché in Africa aveva imparato la litografia, mio nonno era litografo e giornalista sportivo.
Quando è rientrato in Italia, era periodista e fotografo della Fiorentina. Io andavo allo stadio ai tempi di Antognoni. Quindi era un giornalista sportivo, fotografo e litografo.
L’unica cosa che gli piaceva del passato era l’Africa. Quello che si dice il mal d’Africa.
Poi per tutto ciò che riguardava il lavoro lui era proiettato al futuro. Diceva: “Il passato è passato, lascia stare, andiamo avanti”.
Quindi riassunti del passato mio padre non li faceva con me. Sicuramente era contentissimo di tutto quello che era stato fatto. Che si godesse i risultati, sì.
C’era un motore che lo portava avanti a fare qualsiasi cosa. Cioè finita una cosa, per lui un’altra, e un’altra, e un’altra. Non stava fermo un attimo.
Mio babbo era “il capoccia”, quello che prendeva le decisioni. Io eseguivo, ero un po’ il suo braccio destro.
Era un creativo. Io ho sempre raffigurato mio babbo con la testa come un vulcano. Non c’era maniera di tenerlo fermo, cioè di rimanere seduto a non fare nulla. No, lui era sempre proiettato al futuro. Non so se questo futuro, quello che stiamo vivendo attualmente, gli sarebbe piaciuto molto, però era comunque proiettato al futuro, sempre.
Io ho avuto con lui una relazione padre-figlia, con tanti risvolti anche a volte complicati, come in tutte le relazioni, senza contare che ci ho lavorato insieme.
Non c’erano grandi litigate, abbiamo litigato forte una volta sola, non mi ha parlato per tre giorni, infatti sono stata malissimo. A parte quell’evento occasionale c’erano delle sfuriate, ma roba di poco conto.
Mio babbo era uno di quelli che sfuriava, dopo cinque minuti non si ricordava nemmeno perché. Nelle cose più importanti era rancoroso, cioè era uno che dopo te la veniva a dire, dopo tre o quattro mesi. Però nelle questioni quotidiane c’erano sfuriate e basta.
C’era un po’ di contrasto a livello caratteriale. Io ero superordinata, avevo tutto sotto controllo. Mio babbo non aveva nulla sotto controllo. Entravo in ufficio da mio padre, Dio ce ne scampi. Soffrivo, perché ero molto ordinata. Entravo nel suo ufficio e a volte era proprio ricoperto dai fogli, cioè tutti post-it messi da tutte le parti, era un caos. Gli dicevo: “Ma come cavolo fai?”.
Quando venivano quelli delle pulizie gli diceva: “Non mi toccate nulla. Voi mi dovete pulire solo gli spazi vuoti”.
Immagina, non voleva assolutamente gli si toccasse niente. Una delle grandi sfuriate fu una volta che io gli rimisi a posto tutto e lui entrò nel mio ufficio e c’aveva un diavolo per capello. Ecco, Una sfuriata forte me la fece quella volta lì. “Mi hai messo tutto in disordine! Io adesso non trovo più nulla!”. Gli ho detto: “Babbo, c’è tutto. Guarda, te le ho messi qui”. “Ma a me non interessa il tuo ordine. Io trovo tutto nel mio disordine. Non devi toccare le mie cose”.
11. CONCLUSIONI
Il Professor Melani scompare nel 2012, nel 2019 termina la sua attività la Stenotype Italia S.r.l.
La sua eredità è naturalmente ancora in essere. Stenotipisti ad oggi stanno operando su tutto il territorio italiano nei diversi ambiti della resocontazione, senza contare gli stenotipisti di lingua spagnola.
In tutto questo periodo che copre più di trent’anni ci sono stati dei momenti che ti sono rimasti particolarmente impressi e che hai piacere di condividere?
Ho un’immagine di mio padre, non me la dimenticherò mai. Stavo in piedi appoggiata con i gomiti sul tavolo del suo studio. Avrò avuto 10-12 anni.
In casa nostra aveva una stanza con un suo studio. Ero appoggiata in piedi con il mento sulle mani, sul tavolo ed ero affascinata dal mio babbo che usava, come posso dire, stava creando il libro. Lui aveva già tutto in mente, lui il metodo ce l’aveva già in mente.
Stava creando il libro. A quell’epoca si facevano le stampe prima su delle veline trasparenti. Io mi ricordo così. Lui essendo litografo, fece tutto per mandare in stampa, tutte queste prove le faceva lui.
Aveva una cassa, che ovviamente si era costruito da solo, una cassa di legno rettangolare, diciamo di ottanta per un metro, con delle luci dentro e un lato della cassa era di vetro. Quindi lui metteva le lastre sopra il vetro e faceva da riflesso, vedeva attraverso le lastre e faceva le modifiche alla litografia.
Era una cosa che mi affascinava da morire. Lui stava facendo in quel momento la tastiera, cioè provando a mettere le lettere, a sovrapporre le lettere sulla tastiera americana in quei fogli trasparenti, tipo le lastre delle diapositive. Sfruttava le sue capacità di litografo per fare queste cose.
A me affascinò, perché io vedevo queste letterine che lui metteva, poi le spostava. Questa è un’immagine che mi tengo preziosa nella mente.
Aveva il suo studio di rivelazione delle fotografie in bagno, con le vaschette con i liquidi, la luce rossa… Avevamo un bagno solo, puoi immaginarti a volte gli scontenti!
Poi un’altra. Quando appresi il metodo, che me lo insegnò lui, mi piacque da morire. Appresi il metodo con la striscia di carta e nello stesso tempo mi insegnava il computer.
Mi ricordo MS-DOS, ma nemmeno con il cursore bianco su sfondo nero, il cursore che scriveva in verde, quando c’era ancora la lucetta verde, prima di quella bianca.
Mi piaceva, tutto ciò che era tecnologia e computer mi piaceva. Furono bei momenti.
Io studiavo con il libro, poi a volte si metteva lì con me, mi dettava qualcosa e mi chiedeva, mi proponeva anche, ero piccola, ma mi proponeva.
Lui aveva fatto una bozza del libro chiaramente. Dice: “Segnami dove ci sono gli errori”, e io gli segnavo tutti gli errori ortografici, sintattici. Anche se ero giovane, studiavo il liceo classico, quindi sotto quel profilo potevo aiutarlo.
12. DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Grazie per questo interessantissimo contributo che mi ha fatto rivivere momenti intensi e ricchi di soddisfazioni professionali: assieme all’amico Marcello abbiamo lavorato intensamente per qualche anno in quella realtà consortile (Co.Se.Gi) che, sostenuta da Olivetti/Mael, Data Management (Michela), avrebbe dovuto essere interlocutore con il Ministero di Giustizia. Il progetto non ebbe un esito positivo (come accennato nell’articolo) scontando gli effetti negativi di “Tangentopoli”. E’ stato un lavoro comune ma, per quanto riguarda Data Management, non portò a quei risultati che l’azienda – nel breve periodo – si aspettava. Marcello Melani continuò con tenacia e i brillanti risultati conseguiti ne sono precisa testimonianza.
Ho letto con molto interesse questo articolo (pur essendo unicamente stenografa “manuale”), avendo conosciuto Marcello Melani nell’ambito dell’Istituto IDI e dell’Accademia Aliprandi-Rodriguez ed averlo sempre incontrato ai Congressi Intersteno. Rivedo ancora perfettamente la Sua persona e, sebbene io non abbia intrattenuto molti colloqui con Lui, lo reputavo una persona molto impegnata nel proprio lavoro: la lettura di questo articolo me l’ha riconfermato.
sono stata impiegata all’editoria Omnibus dove si stampava il Brivido Sport…io che avevo vinto un concorso di stenografia quando avevo 15 anni..a contatto con Marcello Melani ..chissà perché non avevamo mai parlato di stenografia..ero diventata molto amica di Umberta diventata poi sua moglie.. anche lei approdata all’editoriale Omnibus ..apprendo ora che si erano separati e sono molto dispiaciuta..sia Marcello che il fratello Paolo sono morti a pochi giorni di distanza…l’ho appreso su internet e mi è dispiaciuto tanto…io ho lasciato l’ufficio perché mi sono sposata e sono tornata a Pisa…è stato un pezzo della mia vita molto felice..ma tutto finisce..
Bellissimo articolo. Ho avuto modo di provare una simulazione di una macchina Melani e sono rimasto affascinato dalla sua raffinetezza. La scrittura sillabica unita al fatto che si possano scrivere parole di qualsiasi lunghezza e’ una cosa fantastica. Molto piu’ intuitiva e flessibile della stenotype americana. Non di avevo idea di chi fosse Marcello Melani come persona e mi spiace moltissimo non averlo conosciuto. Il suo metodo merita di essere ripreso e divulgato.