Premessa

In una realtà in continua e sempre più veloce evoluzione come quella attuale anche le lingue nazionali, che sono la massima espressione identitaria di una nazione, devono essere preparate ad adeguarsi al continuo cambiamento e quindi da una parte a perdere qualche termine e/o modalità espressiva obsoleta e dall’altra ad arricchirsi di nuovi lemmi e modalità di espressione provenienti anche da altre lingue nazionali entrate nell’uso comune.

Ciò non toglie che le lingue nazionali non debbano e non possano avere esegeti (in Italia l’Accademia della Crusca) che le difendano dalle storpiature e dai neologismi senza controllo, soprattutto per essere di riferimento per le nuove generazioni che l’apprendono per la prima volta. Ma guai a volerle cristallizzare come pur va fatto per le lingue morte appunto perché la lingua corrente è una espressione vitale di comunicazione che evolve continuamente.


Premesso quanto sopra ritengo che sia anche pregevole tradurre nella nostra lingua i continui inglesismi da cui siamo quotidianamente subissati specie dal web e dalle nuove tecnologie e meritevole ed etico accoglierli nella nostra lingua magari affiancandoli tra parentesi con la pronuncia in italiano ed a seguire con la neo traduzione italiana se c’è, per un certo tempo, per poi acquisirli e lasciarli in originale definitivamente come arricchimento della nostra lingua valido anche come metodo: una finestra aperta alla formazione di quel patrimonio di parole internazionali che si vanno costituendo, causa della sempre maggiore globalizzazione, dentro le lingue nazionali come la nostra pizza, ciao, espresso, cappuccino e spaghetti che le arricchiscono sempre di più e quindi avvicinano i popoli.

L’arricchimento benefico delle lingue nazionali con neologismi esteri è ancora più positivo se trattasi di inglesismi perché l’inglese è ormai the universal language “sua sponte” per essere utilizzata da almeno 1 miliardo e mezzo di uomini specie per il commercio, la politica, lo studio e le pubblicazioni scientifiche e non teme di essere spodestata dall’incalzare del cinese perché questa lingua è gravata da troppe difficoltà di apprendimento dei tantissimi ideogrammi e delle ancora maggiori differenze di espressione vocale per poter raggiungere la semplicità estrema, la grande praticità, pragmaticità e ricchezza sia lessicale che espressiva e fonetica dell’inglese, che rendono il cinese nel confronto estremante poco pratico e difficile, non per nulla viene chiamato “mandarino” a significare che era una lingua come l’egizio antico inventata ed adoperata da una casta dotta di funzionari e scriba per l’aristocrazia e non per il popolo che utilizzava un suo gergo pratico parlato a portata di tutti sin dalla nascita.

La lingua italiana ufficiale dal dopoguerra ad oggi specie tramite la radio-TV, la graduale fine dell’analfabetismo, la diffusione ed obbligo delle scuole medie in tutta l’Italia ed il fiorire di una editoria divulgativa economica a portata di tutti ha fatto fare al nostro paese, durante il miracolo economico, uno sbalzo straordinario verso l’alfabetizzazione universale e l’unificazione reale di un’Italia in cui prima si parlava quasi unicamente in dialetto locale.

Il venir meno dell’ostracismo perpetrato dal regime fascista alla penetrazione ed uso dei cosiddetti “barbarismi” con l’ossessiva traduzione in italiano anche di fonemi intraducibili nella nostra lingua, dopo la fine della seconda guerra mondiale e l’atteggiamento saggio dell’Accademia della Crusca che si è sempre prodigata da una parte a far tradurre in italiano specie gli inglesismi a diffusione universale, laddove possibile, ed a includerli nel nostro lessico una volta divenuti popolari senza puzza sotto il naso, ha certamente contribuito ad arricchire la capacità espressiva della nostra lingua ed a sprovincializzare gli Italiani assolutamente ignari dell’inglese prima, poiché il compito primario di una accademia come quella della Crusca non è quello di fare arroccare la nazione che rappresenta contro l’ibridizzazione da parte di altre lingue, ma di aumentare la sua capacità di espressione e comunicazione tra i cittadini delle varie regioni, diverse per usanze e mentalità e di colloquiare e rapportarsi con le altre nazioni.

La difesa della cosiddetta purezza della lingua in auge nel periodo fascista adducendo come esempio e campioni gli scritti del padre della nostra lingua non ha oggi più valenza appunto in virtù del compito primario che ha oggi una lingua nazionale proprio sull’esempio di Dante che da sommo latinista non si arroccò, come avrebbe a diritto potuto fare, difendendo il suo latino in una lotta estrema come fecero fino a tutto il Settecento tanti eruditi contro l’”imbarbarimento” da parte dei dialetti allora già affermati in Italia per detto dello stesso Dante che li conosceva tra cui i più importanti :il napoletano, il veneto, l’emiliano, il siciliano ed il romanesco, ma volle costruire il suo capolavoro, con il volgare più ricco che conosceva meglio: quello toscano, perché la sua Commedia non doveva essere appannaggio e privilegiata lettura di pochi dotti ma essere recitata in volgare rivolta al popolo=vulgus, analfabeta a stragrande maggioranza perché lui voleva comunicare, far conoscere le sue idee e quello che sentiva di dover dire, come imperativo categorico, alla più grande massa popolare possibile, indicandoci la strada comportamentale, diventando così de facto il padre del nostro Rinascimento e della nostra lingua nazionale.

Sappiamo benissimo che la leadership mondiale di una lingua nazionale è dovuta assai poco alla sua armoniosità e ricchezza espressiva (come lo sono certamente l’italiano e le lingue romanze neolatine) e moltissimo alla importanza politico-militare economica e culturale della nazione di appartenenza come dal dopoguerra ad oggi è l’inglese espressione della civiltà anglosassone tuttora leader al Mondo.

Oggi, davanti ad una implacabile realtà sempre più globalizzata e globalizzante ed ad una socializzazione sempre più interconnessa anche per un cittadino qualsiasi del Mondo, normale e vigile non è pensabile di potersi esprimere e comunicare pienamente solo con la conoscenza della propria lingua nazionale, ma deve quanto meno essere capace di farsi intendere e di intendere attraverso una lingua internazionale come nel mondo antico è stata la lingua greca e poi quella latina e che oggi fuor di ogni dubbio è la vera lingua internazionale de facto, la lingua inglese.

Un plauso quindi al progetto Erasmus europeo inteso a promuovere la conoscenza intereuropea e ad ampliare il campo linguistico della futura classe dirigente che va verso una sempre maggiore integrazione mondiale linguistica.

Un plauso all’obbligo dell’insegnamento obbligatorio dell’inglese nelle scuole a tutti i livelli in una nazione come l’Italia che ha nel turismo e nelle esportazioni le sue maggiori entrate.

Ora in Italia non resta che implementare, incoraggiare ed aiutare i giovani ad accedere ai corsi universitari, perché siamo indietro in Europa per numero di universitari e cercare da una parte di frenare la fuga-emorragia dei neo-laureati, specie ricercatori all’estero e di recuperarli.

Va favorita la lettura specie quella di informazione scientifica tra i giovani poiché in Italia si legge ancora troppo poco.

Ma soprattutto oggi la nostra lingua necessita di essere valorizzata ed insegnata meglio, valorizzando, rispettando ed incentivando, come meritano, gli insegnanti, poiché è noto che nei concorsi pubblici il numero dei bocciati più alto non è dovuto alla carenza di nozioni specifiche, ma agli errori anche madornali ed assolutamente ingiustificati per un laureato, di ortografia e grammatica italiana.

Ma la Nazione, alla cui identità contribuisce più delle usanze, le religioni e le etnie, la madre lingua (vedi il Trentino-Alto Adige e soprattutto la distinzione attuale dell’Ucraina occupata dai Russi in russofona e non), che pure è servita a superare la realtà medievale formata da una miriade di potentati più o meno grandi arroccati e divisi da frontiere, steccati, dogane e gabelle, sempre in guerra tra di loro, riunendoli e ponendo fine alla guerra all’interno delle nazioni, non può restare fine a se stessa e persistere nell’attuale stato mondiale ove le 193 attuali Nazioni Unite costituitesi dopo la constatazione degli orrori della seconda guerra mondiale, con lo scopo di porre fine una volta per sempre alle guerre tra nazioni; in realtà sono divise in due blocchi ideologici persino nel Consiglio di Sicurezza, da una parte il cosiddetto blocco occidentale liberale: USA, Gran Bretagna e Francia e dall’altra il cosiddetto blocco orientale totalitario: Cina e Federazione Russa uno contro l’altro armati con circa 20.000 testate termonucleari puntate tra di loro che quando non sono in guerra come attualmente sta avvenendo per l’invasione Ucraina da parte della Russia, si preparano alla guerra per la quale nel solo 2021 l’Umanità ha speso 2136 miliardi di dollari e non hanno voluto spendere fino ad oggi i 100 miliardi l’anno di dollari previsti dal trattato di Parigi sull’ambiente per aiutare i paesi poveri a combattere i guasti climatici che riguardano tutti e che peraltro sono provocati per lo più da loro.

Stiamo vivendo un’epoca di rapida evoluzione e di grande rischio per le conquiste fino ad ora conseguite, vuoi per i danni antropici all’ambiente in cui viviamo sempre più irreversibili e difficili da riparare ed a cui dobbiamo iniziare a porre rimedio seriamente al più presto, vuoi per lo stato di perenne armistizio e preparazione alla guerra le cui risorse sprecate è ora che servano per costruire e non per uccidere e distruggere.

L’Umanità ha nei confronti di se stessa e della Natura un comportamento perverso e nevrotico.

Perverso perché combatte contro se stessa vuoi direttamente con la guerra che indirettamente contro la Natura sua madre e nutrice.

Nevrotico perché sa di essere malata e di agire male ma non riesce a correggere il suo comportamento come il drogato che cosciente di sbagliare non riesce a smettere di drogarsi ed è alla affannosa e continua ricerca di sempre maggiore consumo di quello che può ucciderlo.

Siamo al nostro più importante e decisivo bivio: da una parte per la prima volta nella sua storia l’Umanità rischia come nessun altra specie fino ad ora, di auto-annientarsi e dall’altra alla vera e decisiva transizione dal Medioevo all’età moderna, al più decisivo distacco dal dominio del nostro istinto vitale animale verso un raziocinio solidale di unione universale contro le forze fisiche deterministiche fondamentali e la implacabile legge della selezione naturale, le sole avversarie con le quali dobbiamo competere in alleanza con nostra madre Natura e uniti sulla Terra unica nostra arca-astronave cosmica.

O riusciamo a liberarci da questa nevrosi universale comportamentale che ci sta decimando ed indirizzando verso una precoce estinzione come specie ed a rimediare ai guasti antropici ambientali che riguardano l’Umanità intera senza distinzione ed a disarmarci iniziando dal disinnesco delle armi termonucleari oppure continuiamo a vivere sempre più subendo sofferenze individuali e catastrofi in crescendo su gruppi e di sempre più precoce possibilità ravvicinata di estinzione della nostra specie.

Proprio ora che con la decrittazione del nostro codice genetico l’ingegneria genetica ha intravisto la conquista reale nei prossimi due secoli della possibilità di privarci di tutte le malattie e tare ereditarie (provate a parlare con un genitore che ha in famiglia un figlio non vedente e non udente per capire cosa sia il vero dolore senza speranza che marchia la vita intera di una famiglia) che finalmente farebbe diventare l’Uomo “faber fortunae suae” vogliamo perseverare funestamente nei nostri errori?

Proprio ora che siamo finalmente riusciti a riprodurre in laboratorio la energia solare da fusione nucleare utilizzabile come energia esotermica in quantità superiore a quella utilizzata per produrla che ha fatto intravvedere alla scienza di poterla utilizzare praticamente senza fine in maniera ecologica a breve termine e quindi aprendoci possibilità illimitate di progresso vogliamo lasciarci andare?

La lingua quale frutto culturale della nostra dote ereditaria genetica del linguaggio deve servire a colloquiare tra di noi e ad unirci per collaborare e vivere in pace assieme e non ad arroccarci ed a metterci in conflitto tra di noi.

Tutti gli uomini parlanti e soprattutto i professionisti che lavorano con la lingua: traduttori, interpreti, attori, docenti, scrittori, oratori, conferenzieri, politici, poeti, marconisti, informatici, componenti dei comitati di lettura e delle giurie letterarie, editori, giornalisti, tipografi, stenografi ecc. devono creare ponti, collaborazione, scambi culturali e di conoscenza tra gli uomini e non limitazioni, distinzioni, isolamento, caste, come per altri versi i pur meritevoli ed antesignani precursori antichi: gli scriba sumeri ed egizi od i mandarini cinesi e gli amanuensi medioevali facevano.

Ben venga la cura delle oltre 7000 lingue riconosciute nel Mondo sebbene sappiamo che la maggioranza di esse è destinata a sparire e le restanti soggette ad evolvere sempre più rapidamente con il diffondersi della tecnologia elettronica digitale e l’uso del web, e le miriadi di lingue minoritarie, dialetti e persino i gerghi quale arricchimento culturale così come lo sono le miriadi di specie per la biodiversità naturale, ma restiamo sempre disponibili ed alla ricerca, studio e pratica di una lingua sempre più universale e capace di farci colloquiare e comunicare sempre di più tra di noi al più vasto raggio, altrimenti non intendendoci continueremo a beccarci come i capponi di Renzo destinati ad una fine cruenta, quando abbiamo un Cosmo intero a nostra disposizione se solo sappiamo utilizzare bene la nostra intelligenza.

Lo stato delle lingue nazionali oggi – di Vincenzo Iannuzzi

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