Approfondire le dinamiche storico-sociali che si svilupparono nell’Europa orientale fra ‘800 e ‘900, come pure al crepuscolo del blocco comunista, permette al lettore di muoversi più agevolmente nel delicatissimo processo che oggigiorno agita quest’area. Rivedere la celebre pellicola di Zanussi, frutto di una lavorazione a dir poco tumultuosa, può rivelarsi un contributo incisivo a tale approfondimento. Nota bene: l’articolo è stato pubblicato anche su “Communio”, periodico spezzino (Parrocchia di S. Pietro Apostolo) di informazione e dialogo spirituale (anno XIX, n. 60, 12/’23).

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Con immagini di secco lirismo (la fotografia è di Sławomir Idziak, prezioso collaboratore di Kieślowski) Da un paese lontano, “Z dalekiego kraju” in originale, riassume un cinquantennio di storia polacca, segnato da laceranti mutamenti, contrappuntandolo con episodi della vita (o cruciali per essa) di Karol Wojtyła: la tradizionale Via Crucis a Kalwaria Zebrzydowska ammirata quando era bambino; l’inattaccabile dedizione al teatro, alla filologia e alla letteratura nazionale; il personale ricordo di Rajmund Kolbe, minorita internato ad Auschwitz che si offrì volontariamente al posto di un prigioniero, padre di famiglia; l’incontro a Wadowice con il cardinale Sapieha e il seminario da questi tenuto clandestinamente in presenza di altri giovani aspiranti; il sacramento dell’ordine impartito al solo Karol nella cappella del patriarca; l’elezione a vicario capitolare di Cracovia il 16 luglio ‘62 dopo la scomparsa dell’arcivescovo Baziak; la partecipazione alla prima fase del Concilio vaticano II; la salita al soglio di Pietro (dal 1523 i pontefici erano stati tutti italiani) in data 16 ottobre ‘78 con il nome di Giovanni Paolo II e il trionfale, primo viaggio nella terra natale (02 giugno ’79)…

La gestazione del progetto, spiega Andrzej Grajewski, fu un’impresa senza precedenti nella filmografia patria, di certo fra le più complesse e umanamente provanti della carriera di Krzysztof Zanussi (del regista ricordiamo le co-produzioni italiane Paradygmat e Il sole nero): forte dell’idea coltivata insieme al drammaturgo Diego Fabbri (autore di Processo a Gesù), il nostro trovò sostegno in Giacomo Pezzali (che, in seguito, ripercorse la tormentata avventura nel libro Polonia, ultimo ciak) e in alcuni finanziatori inglesi e americani. Il soggetto si tradusse presto in un copione, firmato a dieci mani: vi presero parte Vincenzo Labella (E venne un uomo), Józef Szczepański e Andrzej Kijowski, affilate penne, le ultime, ambedue invise al regime. Le riprese ebbero luogo essenzialmente in Polonia: ciò richiese dei permessi speciali. Zanussi arrivò a discuterne con Edward Gierek, al tempo segretario del Partito Comunista, il quale, pur con riluttanza, acconsentì. «L’idea è deplorevole ma lo sarebbe anche un’intromissione da parte nostra» confidò Gierek a Jerzy Łukaszewicz, responsabile del Dipartimento Propaganda, Stampa ed Editoria. Gli stessi dicasteri vaticani, stranamente, pur approvando la sceneggiatura non diedero a Zanussi l’impressione di un particolare coinvolgimento o entusiasmo. Fu proprio Sua Santità, per la mediazione di Mons. Andrzej Bardecki, a dare l’impulso definitivo, leggendo di persona l’elaborato e fornendo spunti rivelatesi pregnanti nel corso della lavorazione.

Riversato in una semplice videocassetta, Da un paese lontano ebbe la sua prima visione (non ufficiale) al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo nell’agosto del 1981 in presenza del Pontefice (da poco dimesso dal Gemelli dove fu ricoverato in seguito all’aggressione armata in P.zza San Pietro) e di un piccolo gruppo di fidati, fra cui Agostino Casaroli, Cardinale Segretario. Nel dicembre dello stesso anno la pellicola viene finalmente conosciuta dal pubblico italiano e, attraverso varie emittenti televisive, trasmessa a livello mondiale. Perché vedesse la luce in Polonia dobbiamo, invece, aspettare il 1989 sebbene, va detto, non pochi spettatori locali ebbero già l’opportunità di scoprire “Z dalekiego kraju” in rassegne contestatarie semi-clandestine, tenute nelle chiese o in modeste sale parrocchiali. A distanza di più di quarant’anni possiamo ben riconoscere il coraggio dell’opera di Zanussi. Forse non la migliore (le vicissitudini si avvertono fatalmente nelle sequenze di finzione, spesso preda di ansia dimostrativa e didascalica nonostante il rigore degli interpreti, su tutti Christopher Cazenove nei panni dello scrittore refrattario alle tematiche del realismo socialista) eppure la più importante, tanto per il cammino del sensibile cineasta quanto, in una prospettiva più ampia, per la storia delle forme d’espressione artistica alternative nell’Europa Orientale del decennio Ottanta. Non ultime per rilievo, le scelte figurative che suggeriscono pertinentemente la personalità di Wojtyła (quasi mai inquadrato in volto, eccetto nei filmati di repertorio) quale continuatrice nonché vigorosa incarnazione del cosiddetto “messianismo polacco”, teorizzato da alcuni poeti e pensatori conterranei (es. Mickiewicz, Hoene-Wroński) fin dalla prima metà dell’Ottocento: la speranza, cioè, di realizzare un “cristianesimo nella storia”, fuori dalle inibizioni della paura e delle ideologie, e che sia la propria Nazione, sorretta dalla Provvidenza, colei che avvierà la riforma sociale, politica e spirituale dell’umanità tutta.

Per chi volesse saperne di più, oltre al citato saggio-guida di Giacomo Pezzali, segnaliamo l’autobiografia di Zanussi Tempo di morire. Ricordi, riflessioni, aneddoti (Spirali Ed.) e l’appassionante studio Pensare la Storia, Dio, l’Apocalisse alla luce del destino di un popolo (Pensa MultiMedia) del compianto prof. Fabrizio Ferrazzi, già lettore di lingua italiana all’Università Jagellonica di Cracovia.

Invito alla riscoperta di… “Da un paese lontano” (1981) – di Giordano Giannini

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