Direttore di diverse biblioteche pubbliche statali, studioso e autore di numerose pubblicazioni scientifiche sui codici di grande valore e cofondatore dell’Associazione Italiana Biblioteche


Francesco Carta era nato a Jerzu, un importante centro della Sardegna nella provincia dell’Ogliastra il 2 febbraio 1847 da Antioco e Geltrude Murgia; a 23 anni si era laureato in Giurisprudenza a Cagliari dove esercitava con entusiasmo la carriera di avvocato acquistandosi buon nome. Dopo una inaspettata delusione professionale, aveva abbandonato la carriera forense senza rinunciare mai al titolo di avvocato, “…segno di mente sicura ed equilibrata, di buon amministratore le cui risoluzioni avevano il privilegio di essere fondate su principi giuridici indiscussi”.

Per un certo periodo si era dedicato al giornalismo: aveva collaborato attivamente con ” Il Corriere di Sardegna” il primo periodico goliardico della nostra Isola, edito a Cagliari dalla tipografia Timon negli anni 1869-70 con articoli di politica e di letteratura; nel 1875-1876 aveva fondato La “Rivista sarda, effemeride bimestrale di scienze, lettere ed arti”, di cui uscirono solo pochi numeri.

Si era battuto anche per l’autenticità e l’importanza delle carte di Arborea che aveva destato tra i maggiori storici e letterati grande scetticismo ma, quando Theodor Momnsen, accademico delle Scienze di Berlino, nel 1876 ne aveva dichiarato ufficialmente la falsità, il Carta riconobbe l’errore di giudizio da lui commesso perché, in quella questione, gli sembrava che fosse impegnato l’onore della Sardegna e confessò il proprio torto.

Dopo aver lasciato la carriera di avvocato ed aver superato un difficile ed impegnativo concorso nazionale, con anche un tema di storia sarda, si dedicò alla carriera di bibliotecario. Il Carta fu il primo funzionario delle biblioteche pubbliche statali entrato con regolare concorso e il 1° febbraio 1874 fu nominato alla Biblioteca Universitaria di Cagliari nonostante lui, nel 1873 avesse chiesto di essere mandato per un anno presso una biblioteca del continente, per conoscere direttamente il lavoro del bibliotecario, una professione fino ad allora inesistente, alla cui direzione erano chiamati professori universitari, studiosi, avvocati possessori di ricche biblioteche.

A Cagliari, ai tempi in cui era entrato per concorso il Carta era direttore Vincenzo Angius, professore universitario della facoltà di Scienze e il Carta si dedicò al riordino della Biblioteca e dei cataloghi, a risolvere i problemi di spazio, a far fronte all’afflusso del materiale bibliografico proveniente dai conventi soppressi, a soddisfare le esigenze e le lamentele del pubblico, riscuotendo grande considerazione nel direttore che ne apprezzava il lavoro e lo riteneva “adatto alla direzione di qualsiasi biblioteca”.

Nell’estate del 1875 era in fase di costituzione a Roma la BIBLIOTECA NAZIONALE VITTORIO EMANUELE II e il deputato Ruggiero Bondi, esponente di spicco della Destra storica e Ministro della Pubblica Istruzione dal 1874 al 1876 aveva fretta di inaugurarla e aveva chiamato a Roma quattro bibliotecari tra cui Francesco Carta che, a Cagliari si era messo in luce svolgendo un ottimo lavoro. Il Carta aveva accettato il trasferimento nonostante l’Angius, direttore della biblioteca cagliaritana e i politici sardi Carlo Baudi di Vesme e Francesco Salaris avessero cercato di distoglierlo. La Biblioteca di Roma fu inaugurata solennemente il 14 marzo 1876, troppo presto: non erano ancora terminati i lavori edilizi, la suppellettile libraria pervenuta dai conventi soppressi era ancora in disordine; era caduto il governo e mancavano i mezzi finanziari ed umani perché l’Istituto funzionasse come avrebbe dovuto cosa di cui il Carta aveva informato il Ministro chiedendo anche l’intervento di una commissione d’inchiesta che nel 1876 e anche, l’anno successivo nel 1877 gli aveva dato ragione.

Nella Biblioteca regnava il caos, erano cambiati i ministri e furono istituite altre due commissioni d’inchiesta che avevano ordinato di chiudere per qualche mese l’Istituto e che si procedesse all’inventario e tra il gennaio e l’aprile 1880 decise anche l’allontanamento dei bibliotecari. Francesco Carta, fu mandato a Pavia dove non prese mai servizio utilizzando vari congedi di cui non aveva mai usufruito e, già avvocato, dal carattere fiero e dal temperamento battagliero e amante della giustizia, scrisse una lettera aperta e infuocata su “Il Fanfulla”, allora pubblicato a Firenze, nella quale invitava il magistrato Giovanni Baccelli (presiedente della commissione d’inchiesta voluta dal Ministro De Sanctis) a dichiarare pubblicamente i rilievi mossigli ed inesistenti. La lettera non ebbe il risultato cui il Carta sperava ma un’ammonizione e il suo trasferimento alla BIBLOTECA BRADENSE DI MILANO dove fu molto apprezzato dal direttore Federico Odorici che lo riteneva degno di svolgere un lavoro molto più elevato di quello che occupava. Infatti, oltre che occuparsi del riordinamento della biblioteca, si dedicò con grande entusiasmo e passione alla catalogazione dei codici miniati, approfondiva le sue conoscenze culturali con lunghi viaggi per studiare le miniature esistenti in musei e biblioteche e lavorando su documenti d’archivio, lavoro che nel 1891 pubblicò nella collana “Indici e cataloghi” con il titolo “Codici corali e libri a stampa miniati della Biblioteca nazionale di Milano”, corredato nel 1895 da 25 facsimili in eliotipia.

Dopo aver superato un altro concorso il Carta era stato nominato alla Biblioteca Nazionale di Torino l’11 giugno 1882 ma il vecchio direttore che tanto lo apprezzava riuscì a ritardarne il trasferimento che nel 1883 fu invece trasferito all’ALESSANDRINA DI ROMA, voluto dal nuovo direttore Eugenio Boselli per la sua capacità nei lavori biblioteconomici e con una sufficiente autorità per guidare il personale. Qui Francesco Carta aveva tenuto in un corso pratico di Metodologia storica, lezioni di Ornamentazione di manoscritti e, il 23 dicembre 1886 ne fu nominato direttore dove allestì una sezione speciale di codici e leggi moderne di numerosi stati preunitari, fece parte della commissione per gli esami di abilitazione a sotto bibliotecario; aveva messo a punto con la ditta Brassart un sistema di legatura per cataloghi a volumi, che consentiva una facile sostituzione o aggiunta di fogli, brevettato con decreto del 30 settembre 1889, come sistema CARTA-BRASSART.

Tra la fine del 1890 e l’inizio del 1891 fu trasferito alla BIBLIOTECA ESTENSE DI MODENA, con l’incarico di provvedere alla sua fusione con gran parte del materiale ancora stipato nelle casse, con l’Universitaria. Riorganizzò gli spazi in modo geniale, grandioso ed armonico, un vero e proprio capolavoro.

Il 7 settembre 1891 era stato nominato come direttore alla BIBLIOTECA NAZIONALE DI TORINO dove avrebbe dovuto prendere servizio come impiegato dieci anni prima e prese servizio nel 1892 perché ancora impegnato nei penosissimi lavori di ricostruzione delle Biblioteche romane (Vallicelliana e Alessandrina) e poi nelle Biblioteche governative modenesi.

L’Istituto, in via Po, condivideva i locali con l’Università ma il Carta riuscì a recuperare tutto lo spazio possibile per collocare i volumi, il pubblico era sempre molto numeroso, la biblioteca restava aperta per dieci ore al giorno. I dipendenti erano costretti a un lavoro sovrumano di cui il Carta informava il Ministero. Nell’edificio dove alcuni appartamenti erano abitati anche da privati, funzionari, usceri, librai, un tabaccaio, una modista ed un meccanico mancavano gli spazi per i libri. Il Carta riuscì ad avere la disponibilità di tali locali e parte di altri contendendoli all’Università e per dedicare più spazio ai libri modificò anche le scaffalature dotandole di palchetti mobili.

Nel 1898, in occasione dell’ESPOSIZIONE NAZIONALE di TORINO Carta era stato incaricato di organizzare la sezione bibliografica della Mostra di arte sacra dove furono esposti circa 400 tra i più celebri manoscritti miniati di carattere religioso. Compilò (nel 1899) il catalogo della mostra “Manoscritti e libri a stampa miniati esposti dalla Biblioteca Nazionale di Torino all’Esposizione nazionale di Torino del 1998” che suscitò grande interesse tra gli studiosi per la ricchezza dei documenti presentati e per l’erudita illustrazione che l’accompagnava. Nel 1900 si occupò anche della storia della Stampa in Piemonte.

Nel 1894 era stata installata la corrente elettrica in sostituzione di quella a gas. La Biblioteca nonostante le varie difficoltà molto frequentata, era diventata sempre più un punto di riferimento nella vita culturale cittadina bisognava quindi ottemperare alle norme prescritte dalla circolare ministeriale del 14 febbraio 1901 e il Carta si attivò per conoscerne la spesa. L’impegno finanziario per il rifacimento pressocché integrale dell’impianto era troppo elevato e l’impianto esistente fino al momento non aveva dato problemi e il Ministero, interpellato dal direttore, rimandò l’adeguamento a tempi migliori. Nel 1903 i locali proprio sopra la direzione erano ancora occupati dalla vedova e dal figlio fotografo di un usciere dell’Università da poco scomparso e il direttore, in ottemperanza alle delibere prese dalla Commissione ministeriale sei anni prima, chiedeva al Ministero che ordinasse di liberare tutti gli alloggi privati per garantire la suppellettile libraria dagli stillicidi, dall’incendio e da altri pericoli.

Alla fine del 1903 furono effettuati alcuni lavori all’impianto di illuminazione, acquistati nuovi lampadari ma la notte tra il 25 e il 26 gennaio 1904 un incendio originato nella stanza del Direttore distrusse cinque sale e le soffitte della Biblioteca provocando la perdita di oltre 20.000 volumi a stampa e soprattutto di circa 3.000 dei 4.500 codici ed edizioni pregiate conservate nella Sala dei manoscritti, tra cui anche il manoscritto di un Codice diplomatico della Sardegna pronto per la stampa che Carta aveva redatto assieme a Carlo Baudi di Vesme, tratte prevalentemente dall’Archivio arcivescovile di Cagliari.

Ci fu un rimpallo di responsabilità, si accusava anche il direttore che usava fumare il sigaro in direzione. I periti ritennero improbabile l’ipotesi che a causare l’incendio fosse stato un mozzicone di sigaro abbandonato dal direttore, attribuendolo invece ad un corto circuito.

La catastrofe di Torino costò però il posto al suo direttore che fu trasferito alla direzione della BIBLIOTECA ESTENSE DI MODENA dove si trasferì dopo aver atto fronte alle prime operazioni di ricostruzione della Nazionale di Torino.

Il 1° novembre 1904 l’avvocato Francesco Carta tornò a dirigere la Biblioteca Estense di Modena, dove ritrovò quella serenità perduta tra i tanti problemi dell’esperienza torinese. A contatto con gli studiosi riprese le sue ricerche sulla miniatura dedicandosi all’illustrazione di un noto codice miniato francese della prima metà del Cinquecento

Dal 1910 al 1922 il Carta fu destinato alla BRAIDENSE DI MILANO e trasferì al Castello Sforzesco le raccolte del Gabinetto numismatico, sistemò la direzione nei locali liberi. La prima guerra mondiale aveva interrotto altri lavori ma prese tutte le precauzioni per proteggere la Biblioteca dai danni di possibili incursioni aeree. Dopo la disfatta di Caporetto, memore dell’esperienza torinese, ottenne dal Ministero l’autorizzazione alla costruzione di muri tagliafuoco nelle soffitte e, a partire dal 1915 aveva provveduto allo sgombero del materiale più prezioso (codici, incunaboli, autografi e rari) che nel 1917 aveva sistemato in 55 casse che il 22 febbraio 1918 aveva consegnato al soprintendente alle gallerie milanesi Ettore Modigliani che provvide a scortarlo a Roma dove fu ospitato dalla Biblioteca Nazionale Centrale fino al giugno 1919.

La Braidense divenne anche un centro di attività per la raccolta e distribuzione di libri ai soldati, presieduto dal Carta che tra il maggio 1915 e l’agosto 1919 avevano inviato oltre 580.000 volumi ai soldati al fronte, ai feriti, ai prigionieri in Austria e in Germania.

Il Carta fornì anche un primo nucleo (circa 2540 volumi) di una BIBLIOTECA DEL SOLDATO che nel 1923, assieme alla documentazione relativa alla esperienza dell’assistenza morale alla guerra che, poi, finirono al MUSEO DEL RISORGIMENTO DI MILANO.

Nel settembre del 1920, in seguito alla istituzione delle Soprintendenze (con Decreto Legge n° 2074 del 2 ottobre 1919), fu incaricato della DIREZIONE della SOPRINTENDENZA BIBLIOGRAFICA per le province della Lombardia e, da soprintendente, dedicò la sua attenzione al mercato antiquario milanese riuscendo ad assicurare allo Stato diverse raccolte di rarità manoscritte o a stampa in virtù delle disposizioni previste dalla legge n° 364 del 20 giugno 1909.

Il 2 febbraio 1922 venne collocato a riposo ma fu incaricato di rimanere fino al 16 luglio.

Il 20 luglio 1922 fu nominato GRANDE UFFICIALE nell’ORDINE della CORONA d’ITALIA.

Continuava a frequentare la Braidense ma non dava più ordini, bastava la sua presenza con il piacere di dare un consiglio e con la volontà di aiutare in una ricerca.

Nel 1925 fu chiamato a dirigere la Biblioteca della neonata Università di Milano e, nell’ottobre 1931, in occasione del primo congresso dell’Associazione italiana Biblioteca di cui Carta era socio dalla sua fondazione nel 1930, il rettore informava che la Biblioteca dell’Università aveva raggiunto gli 85.000 volumi.

Lasciò il suo ultimo impiego a 86 anni nel 1933 per l’entrata in vigore di una legge che vietava agli uffici statali di avere alle proprie dipendenze funzionari pensionati.

Continuò per alcuni anni ad occuparsi di libri e di biblioteche ma una malattia agli occhi fermò la sua interminabile e infaticabile attività.

Francesco Carta, uomo di azione che non aveva amato piangersi addosso, dal carattere fiero e dal temperamento battagliero che si era battuto per l’affermazione della giustizia e non delle ingiustizie , morì a Milano a 97 anni il 25 marzo 1940, dopo aver espletato con piacere e professionalità per tanti anni la sua carriera lasciando un segno nella storia delle biblioteche.

Ricordo del bibliotecario Francesco Carta – di Maria Giuseppina Cossu Pinna

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